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28 luglio 2012

L'ILVA di Taranto: fonte di ricchezza?

Autore: Francesco Peluso

Scrivo questa lettera perché, da tarantino molto affezionato alla mia città, non ce la faccio a star fermo senza far nulla in questo momento in cui rischiamo di perdere l'ennesima occasione per cambiare la storia di questa disgraziata città e dei suoi abitanti.
Purtroppo so bene come andrà presto a finire: le pressioni della politica (sempre asservita al potere economico), dei lavoratori (in questo caso strumento dei padroni) e della loggia massonica-mafiosa che comanda in Italia porteranno a breve alla riapertura dello stabilimento, abbellita dal solito protocollo d'intesa (l'ennesimo) che nulla cambierà e permetterà solo ai politicanti di turno di farsi pubblicità. Risultato: a Taranto si continuerà a morire di cancro, di leucemia e di linfoma.
Leggo che il ministro Clini si sta molto spendendo per far ripartire subito la produzione di acciaio. Per il bene dell'ambiente faccio un appello: sopprimiamo il ministero per l'ambiente! I ministri per l'ambiente sono quelli che più lavorano per l'industria. Ricordo ancora il predecessore di Clini, la ministra Prestigiacomo, che andava in giro per l'Europa a chiedere deroghe in materia di rispetto delle normative sulle emissioni inquinanti. Se proprio la figura del ministro per l'ambiente deve continuare ad esistere, almeno chiamiamola col suo vero nome e cioè ministro per gli abbienti.
Leggo anche che Vendola cerca di tenere insieme tutte le parti, con abile esercizio retorico a lui come sempre congeniale. I lavoratori, secondo il presidente della nostra regione, sono stretti tra la tenaglia della morte e della povertà perché senza ILVA Taranto rischierebbe una spirale di povertà.
Presidente carissimo (mi riferisco al suo stipendio), in questo modo lei, consapevolmente, e, quindi, colpevolmente, alimenta le paure economiche che hanno reso noi tarantini un branco di pecore disposte a farsi guidare ovunque da voi politici e dai vostri referenti, cioè i padroni.
L'ILVA ha portato ricchezza a Taranto? Perché non calcoliamo le opportunità di lavoro perse per la devastazione ambientale in una città che dovrebbe essere la perla dello Jonio? Perché nel computo non ci mettiamo anche i danni al settore agricolo? E che dire degli allevatori di bestiame e di mitili rovinati per sempre? La maggior parte delle cozze provenienti da Mar Piccolo vanno al macero perché piene di diossina!
Ma questa, si sa, non è l'economia che conta per i politici, perché è l'economia dei piccoli, mentre di fronte ci sono i poteri forti economici.
Soprattutto mi farebbe piacere se il carissimo presidente Vendola e l’ancora più caro ministro Clini venissero a vivere a Taranto per qualche settimana. Se riuscissero a mantenere la lucidità nei giorni in cui spira la tramontana e ci porta i regali velenosi dell'ILVA, si accorgerebbero che intorno a loro mancano intere generazioni di giovani. Dove sono finiti i trentenni e i quarantenni? Semplice, sono andati via perché non c’è lavoro, altro che ricchezza derivante dalla presenza dell'industria pesante! E ad andare sistematicamente via sono soprattutto quelli che nella vostra logica gerarchica dovrebbero essere futura classe dirigente, cioè quelli che hanno studiato, che si sono presi la laurea ed effettivamente potrebbero contribuire moltissimo alla crescita della città.
La causa di questo spopolamento è evidente: è stata sacrificata un'area industriale grande più del doppio della superficie abitata di Taranto ad un unico tipo di produzione, oltretutto ad altissimo impatto ambientale. A Taranto non c'è l'”area industriale”, qui c'è praticamente solo l'ILVA, una fabbrica che assume, quando le cose vanno bene, qualche migliaio di diplomati (che non definirei fortunati). Tutto qui, questa è la nostra economia. Ma dinanzi a questo sfacelo nessuno è capace di parlare un linguaggio nuovo, nessuno dice qualcosa che rappresenti una vera alternativa.
Questa occasione storica, capitata per il lodevole buon operato della magistratura, dovrebbe essere sfruttata per dire a quei lavoratori dell'ILVA che non dovrebbero lottare per difendere il loro attuale posto di lavoro, fonte di veleni (tra l’altro non solo per loro ma anche per chi con l’ILVA non vorrebbe avere nulla a che fare!), ma dovrebbero battersi per difendere il loro stipendio, due concetti per nulla necessariamente legati.
In un mondo dove il lavoro è alienato e asservito al profitto della proprietà, l'uomo non deve vivere per lavorare. Anzi, meno si lavora (per un padrone), meglio è. Bisogna puntare ad altro: alla qualità della vita, ad esempio, e al tempo libero da passare in un ambiente salubre!
Se il problema è dare uno stipendio a quelle persone, le soluzioni alternative si possono trovare, a cominciare dal progetto di bonifica che si stima dovrebbe durare almeno 30 anni. E poi quante opportunità nuove di lavoro potrebbero sorgere in un'area industriale così grande, se fosse finalmente libera dal monopolio dell'acciaio che ci sta soffocando! Si potrebbe pensare ad un piano per favorire investimenti nell’area industriale di Taranto liberata. Senza contare, ovviamente, la rinascita dell'agricoltura, dell'economia basata sulle risorse del mare (la città dei due mari!) e del turismo!
Perché a sinistra non sento parlare di questo, carissimo presidente Vendola? Perché fate gli stessi discorsi della destra, nel suo caso con qualche distinguo radical-chic, usando parole d'ordine come produzione, PIL, posto di lavoro? Siete culturalmente sterili e moralmente colpevoli: non rappresentate alcuna alternativa!
Tralasciando questi aspetti filosofici, pragmaticamente lei si difenderà dicendo che ha fatto tanto per l'ambiente a Taranto: la legge anti-diossina. Tralasciando tutte le altre sostanze inquinanti che ci appestano, quella legge, il suo vanto, è stata subito depotenziata con delle abili deroghe e di fatto resterà inapplicata fin quando non saranno obbligatori i famosi monitoraggi in continuo, che anche lei ha permesso di evitare. Fatta la legge, trovato l'inganno (o forse programmato fin dall'inizio). A che serve una legge che resta lettera morta?
E a che serve, ministro per gli abbienti Clini, un piano di bonifica da attuare con lo stabilimento attivo che continuerà ad inquinare?
Lei ha scritto che non ha senso chiudere l’ILVA oggi perché si starebbe mettendo in regola con le normative ambientali. Io le ribalto la questione: semmai proprio mettersi in regola avrebbe avuto senso trent’anni fa, ma oggi, in un ambiente devastato come il nostro, nessuna produzione inquinante può essere più tollerata e la bonifica deve cominciare quando le emissioni si saranno fermate. Se non sarà così si tratterà di altre centinaia di milioni di euro che andranno ad ingrassare le tasche di qualcuno e non serviranno assolutamente a nulla, se non a far crescere il vostro amato PIL. Oltretutto vorrei farvi i complimenti per aver deciso di stanziare questi soldi solo sotto la pressione delle azioni della magistratura. E vorrei fare i complimenti al ministro per aver affrettato il riesame del provvedimento di sequestro degli impianti. Nemmeno un giorno di aria pulita ci è concesso a Taranto.
Alla nostra città serve una nuova economia, che parta da parole d’ordine come ambiente, salute e qualità della vita.
Ma non la costruiremo mai se non chiudiamo con un passato sporco e inquinato.
Chiudete l’ILVA e riaprite Taranto.

Francesco Peluso

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