Telecolor, giornalisti imbavagliati
Come liquidare la concorrenza guadagnandoci pure un bel po' di milioni. Potrebbe riassumersi così l'ultimo colpo di Mario Ciancio, editore e uomo d'affari catanese, il «Berlusconi del Sud» lo definiscono in molti. E la definizione gli calza a pennello.
La concorrenza annientata è quella di Telecolor, storica emittente televisiva siciliana - nata nel '76 - che negli anni si era conquistata un ruolo di primo piano nell'isola, unica tv a respiro davvero regionale, con sedi decentrate e una redazione di professionisti con contratti Fnsi che rappresentava un'anomalia nel panorama meridionale. Per anni Telecolor è stata un'avversaria imbattibile per Mario Ciancio, editore del quotidiano La Sicilia e dell'emittente Antenna Sicilia-Tele Etna, e proprietario di quote in quasi tutti i grandi giornali meridionali (dal Giornale di Sicilia, alla Gazzetta del Sud alla Gazzetta del Mezzogiorno) e le televisioni. Quella redazione è adesso in dismissione: tre dei giornalisti si sono dimessi, altri due - un vicecaporedattore e un caposervizio - sono stati licenziati tre giorni fa, come anticipo dei complessivi nove licenziamenti annunciati l'anno scorso dal nuovo padrone: Ciancio. L'imprenditore, ex presidente della Fieg e attuale vicepresidente dell'Ansa - nel '98 ha infatti iniziato una scalata che nel 2000 l'ha portato ad acquisire Telecolor, per annunciare un anno fa il dissesto finanziario e i «tagli inevitabili»: 9 giornalisti su 13, e 7 tecnici. I conti di Ciancio vengono contestati dai giornalisti: «Finora Telecolor è stata piuttosto un ottimo affare per lui», afferma Nicola Savoca, fiduciario di redazione, che mercoledì si è presentato in onda con quattro colleghi imbavagliati alle spalle, «per mostrare ai telespettatori, fisicamente, il bavaglio che si mette a delle voci libere dell'informazione siciliana».
Il nocciolo della vertenza, secondo i giornalisti, non è affatto finanziario. Nel bilancio 2004 portato a simbolo della crisi, in squilibrio c'erano solo le entrate e uscite «correnti», ma l'emittente aveva comunque molte plusvalenze, grazie alla trentina di milioni di euro che Ciancio ha incassato, vendendo l'anno scorso molte frequenze di Telecolor alla 7 e a Mediaset. Tra le spese che determinerebbero il disavanzo, ci sono 2 milioni e mezzo che secondo i giornalisti servono a pagare i costi dell'agenzia Asi, creata dalla figlia Angela e che da un anno copre i servizi sportivi, ex «fiore all'occhiello» di Telecolor. Nonostante ciò, i giornalisti avevano accettato un «piano di risparmio» che stava per essere sottoscritto davanti al prefetto, quando la situazione è precipitata. Alla redazione infatti è stato presentato un protocollo che imponeva i servizi della Asi per tutti i settori, non solo quello sportivo. Il definitivo esautoramento della redazione, insomma. Che a quel punto non ha firmato più l'accordo.
Ciancio non è tornato indietro neppure davanti alle prese di posizione di numerosi esponenti politici, da Raffaele Lombardo dell'Mpa al sindaco forzista Scapagnini, a tutto il centrosinistra che proprio ieri ha presentato un'interpellanza urgente alla Camera. Grazie a un gioco di società a «scatole cinesi» affidate a fedelissimi e familiari - i figli, la stessa moglie - è sempre riuscito ad aggirare i controlli dell'antitrust e a dirsi «estraneo» alle vicende dell'emittente. «Questa vertenza è lo specchio grottesco e drammatico della libertà d'informazione in Sicilia», dice il diessino Claudio Fava. Che invita anche l'ordine dei giornalisti a occuparsene, visto che Mario Ciancio risulta naturalmente iscritto.
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