Rubino: Taranto non può morire di inquinamento
Ad affermarlo non è l’ultima stella dell’antipolitica, ma l’on. Paolo Rubino, già sindaco di Palagianello ed ispiratore del Tavolo verde. “Il rischio che si corre - dichiara al Corriere - è che la medicina sia peggiore del male. Non dimentichiamo cosa è accaduto con lo yard Belleli. Quell’area è inutilizzata perchè bisogna bonificarla e per bonificarla occorrono risorse di cui al momento nessuno dispone. E se accadesse la stessa cosa con l’Ilva? Taranto diventerebbe un deserto. E poi senza uno stabilimento da difendere la città perderebbe il potere contrattuale che oggi ha. Per questo, teorizzo la contestuale difesa della salute di lavoratori e cittadini e dell’apparato produttivo e poi, una volta per tutte, dobbiamo smettere di fingere di condurre battaglie senza quartiere e poi stringere rapporti sottobanco con le grandi industrie”.
Il progetto di Rubino punta alla creazione di una rete tra Tavolo verde e quindi mondo dell’agricoltura, sindacati dei metalmeccanici e ambientalisti. “Un’idea - spiega - che non nasce per caso, ma con la consapevolezza che in larghi strati della società la questione ambientale sia avvertita come prioritaria e strategica. Una questione i cui ambiti non sono solo di difesa della salute, ma riguardano la possibilità di un nuovo sviluppo. A questa spinta, però, non corrispondono risposte adeguate della classe politica che si attarda a guardare indietro, affaticandosi in uno sterile dibattito sulle responsabilità del passato.
Invece bisogna rivolgere lo sguardo in avanti unendo le forze positive. Ritengo che l’intesa tra Tavolo verde, Fim, Fiom e Uilm e Comitato per Taranto sia orientata in tal senso. E’ finita la fase dello sviluppo purchessia, Taranto non può morire di inquinamento e quindi non ci può essere un futuro per gli attuali apparati produttivi senza le necessarie modifiche strutturali. Esistono le tecnologie per conciliare produzione e salute”.
Ma la sfida tecnologica da sola non basta se non è inserita in un sistema di regole e di leggi adeguato. “In questo ambito - aggiunge l’on. Rubino - si possono individuare due filoni di iniziative. La prima attiene i parlamentari i quali, tutti insieme, dovrebbero concorrere alla modifica delle leggi italiane in materia di inquinamento ed in particolare di emissioni di diossina, secondo i parametri dell’Unione europea. In secondo luogo vanno ripensati gli atti d’intesa strutturati su un’idea di fondo che punta ad attenuare l’impatto degli inquinanti sulla città, piuttosto che agire sulle font, cioè gli impianti.
Questa logica va ribaltata ed attuata non solo nei confronti dell’Ilva, ma di tutte le grandi industrie presenti a Taranto”. Dopo aver promosso il dibattito in occasione della presentazione del libro di Felice Casson “La fabbrica dei veleni”, nei prossimi giorni Rubino pensa di saldare maggiormente l’unione tra fabbrica, agricoltura e ambientalisti.
“Il Tavolo verde - spiega - opera in maniera concreta e così vogliamo fare anche per l’ambiente. Guardiamo alla difesa dell’ambiente in un ottica che è quella degli imprenditori agricoli i quali non possono puntare a produzioni di qualità in un contesto inquinato ed avvelenato. Titolari di impresa che hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri di Riva, dell’Agip e della Cementir.
Purtroppo spesso dal piccolo artigiano si pretende il rigoroso rispetto delle leggi, mentre non si fa altrettanto con le grandi realtà industriali. Noi, comunque, non ci fermiamo convinti che la questione ambientale sarà il discrimine tra quanti guardano al passato e chi rivolge l’attenzione al futuro; sull’ambiente si misureranno nuovi progressisti e nuovi conservatori. Il nostro impegno proseguirà nei prossimi giorni con richieste d’incontri con le aziende del territorio ionico e con le forze politiche”.
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