Lettera al sindaco di Taranto sulla diossina
Sus'a tign' a capa malat'.
Tra i mille adagi, la saggezza popolare ne aveva inventato uno che definisce bene l'attuale situazione tarantina: Sulla tigna, la capa malata.
La capa malata? La volontà di aggiungere un inceneritore comunale di imminente apertura.
Questo nuovo fronte ambientale aggrava obbiettivamente il quadro ma la somma, come in molti altri casi, non dà il totale.
Insomma 2 + 2 non farebbe 4 ma molto di più. Peraltro, bisogna aggiungere la classica beffa.
Oggi infatti sappiamo che la diossina, il 90% della produzione industriale italiana (stimata nel registro Ines) avviene in riva allo Ionio, ha la sua fonte nell'Ilva di Taranto.
Ora, aggiungere diossina alla diossina è soltanto da irresponsabili.
Ma la beffa non finisce qui. Quando sarà operativo l'inceneritore, notoriamente produttore di ceneri alla diossina e di nanopolveri, è facile ipotizzare l'avvio di strategie di "scaricabarile". Inquina più questo che quello; io ho ridotto, quell'impianto no; la diossina privata danneggia, quando era pubblica tutti stavano zitti.
Questo è il quadro. A cui si aggiunge l'assenza di un sistema di monitoraggio in continuo della diossina. E per di più spicca l'assenza di una mappatura del territorio per verificare come oggi è sono distribuite diossine e PCB nei terreni comunali e provinciali.
Come faremo, se dovesse attivarsi l'inceneritore, a capire se la situazione è peggiorata e di chi è la responsabilità?
Come potremo capire quanta diossina "del tipo" Ilva si è depositata e quanta "del tipo" inceneritore è ricaduta sui campi se non facciamo oggi la mappa della situazione?
La domanda è: che cosa fa il nostro sindaco? La massima autorità cittadina in tema ambientale?
Che cosa aspetta a convocare i cittadini per vedere cosa pensano della riattivazione dell'inceneritore?
Nessuno di noi dubita, almeno fino ad oggi, della buonafede del sindaco. Val la pena ricordare che molti disastri avvengono anche nella più perfetta buona fede di chi doveva ed ha omesso.
Purtroppo a Taranto non ci sono più le condizioni per la buona fede di nessuno.
Il grado di consapevolezza intorno ai temi ambientali continua a crescere e un serio amministratore non può più opporre la buona fede ai guasti della salute della sua gente.
Il sindaco ha enormi poteri per vincolare l'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) all'Ilva subordinandola all'adozione di particolari tecnologie sia di filtraggio dei fumi sia di monitoraggio in continuo degli inquinanti più pericolosi come la diossina.
Caro sindaco, che cosa aspettiamo? Timore reverenziale per il capitale? Paura del ricatto occupazionale? Il prevalere delle logiche del potere? Occorre uscire dalla rocca di osservatore e schierarsi, veramente, fino in fondo, inequivocabilmente, dalla parte della gente.
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