Diossina, dopo il latte si indaga sugli animali dell’allevamento
Ed ora si indaga anche su organi e tessuti degli animali del gregge dell’azienda zootecnica Quaranta, situata a ridosso dell’area Ilva e che utilizzava il sistema del libero pascolo, a cui è stato imposto il vincolo sanitario. Dopo i campioni sul latte, anche i campioni di organi e tessuti.
Il Dipartimento di prevenzione dell’Asl porta avanti il programma di monitoraggio stabilito la settimana scorsa in Regione, dopo aver accertato la presenza di diossina e Pcb in un campione di latte ovino, non commercializzabile ma destinato all’allevamento degli animali. I prelievi di organi e dei tessuti sono stati inviati ieri all’Istituto Zooprofilattico di Teramo, ma sostanzialmente per completare il quadro di indagini che prevedeva, appunto più in là, anche analisi sulle carni.
I tessuti e gli organi inviati sono di una pecora che è deceduta nella notte tra sabato e domenica. Di fatto, i veterinari dell’Asl hanno anticipato i tempi per questo tipo di indagine cogliendo l’opportunità della morte di un animale, avvenuta quasi sicuramente per vecchiaia, per non abbattere un animale su cui effettuare le indagini.
Intanto, per stamane sono attesi i risultati delle analisi dei campioni di latte inviati nei giorni scorsi al consorzio interuniversitario Inca di Lecce e all’Istituto zooprofilattico di Foggia. Si tratta di campioni di latte prelevati - dopo il vertice di giovedì scorso a Bari - in aziende, dove si utilizza il sistema del libero pascolo, che vanno dall’area di Statte sino a Crispiano e Massafra. Sarà il risultato di queste analisi a fare decidere come proseguire il monitoraggio, se ampliare ancora la zona ed allargare il numero di aziende da controllare, oppure effettuare altro tipo di indagini nelle aziende già sotto controllo.
In queste ore, inoltre, partono anche i controlli sul terreno e sulla vegetazione da parte dell’Arpa. Stamane, invece, vertice in Procura. Il procuratore capo Aldo Petrucci dovrà vagliare l’ipotesi di accusa di disastro colposo.
Al caseificio mozzarelle di bufala e formaggi freschi vanno di nuovo a ruba. Ma c'è mancato poco prima che l’allarme diossina mettesse in ginocchio una buona fetta dell’economia tarantina tra allevatori, produttori e rivenditori di latticini. All’indomani dei risultati delle analisi dell’Istituto zooprofilattico di Teramo sulla presenza di diossina in un campione di prodotti di un’azienda ovicaprina di Statte, qualche caseificio locale ha temuto il peggio. Per un paio di giorni i clienti sono diminuiti e gli affari bruscamente calati. Poi, l’inevitabile spesa di Pasqua e le continue rassicurazioni di enti e istituzioni hanno tranquillizzato i consumatori.
«Per fortuna - dichiara la titolare del caseificio Marzulli, in via Giovan Giovine - le vendite si stanno riprendendo lentamente già da qualche giorno, ma la settimana scorsa la notizia della diossina è stata un duro colpo per la nostra attività. C'è stato un brusco calo perché molti clienti si sono limitati a leggere i grossi titoli sui giornali, senza approfondire la lettura degli articoli, ed hanno creduto che tutti i prodotti caseari delle aziende tarantine fossero stati contaminati da diossina.
«La preoccupazione di Confagricoltura - si legge in una nota - riguarda le diverse aziende zootecniche che producono latte bovino in quella zona ma non nei pressi dello stabilimento Ilva, più in generale le centinaia che operano nella Provincia di Taranto». «Il rischio di far finire nello stesso calderone tutto il latte, quello controllato e quello che non lo è, non fa stare tranquilli i produttori.
Bisogna chiarire - aggiunge Palma - che il latte bovino delle nostre aziende è sottoposto a rigorosi controlli di qualità. Altro discorso è quello delle zone di pascolo, come nella vicenda di Statte: pascolare vicino all’Ilva non doveva essere possibile già prima, non solo adesso che si è scoperto che qualcosa non va».
Nel nostro settore la salute dei cittadini è importante proprio perché vendiamo prodotti alimentari e lo facciamo con grande senso di responsabilità. Il nostro caseificio, ad esempio, è collegato alle aziende della Valle d’Itria con marchio di garanzia. E come noi sono certificati anche altri caseifici della città». «Ritiriamo solo prodotti di alta qualità - conferma Mario De Crescenzo, titolare del caseificio San Filippo in via Zara - e sin dal primo momento in cui si è parlato di diossina, abbiamo rassicurato i clienti sulla bontà dei nostri formaggi e del nostro latte. Tra l’altro provengono da altre zone e non dal Tarantino. Nessuno dei nostri clienti si è allontanato negli ultimi giorni e le vendite sono rimaste invariate».
Idem al caseificio «Fratelli Di Maglie» in via Galeso. Anche se la signora Anna ammette: «Per curiosità e soprattutto per timore, in quest’ultimo periodo i clienti ci fanno tante domande sulla diossina e sulla provenienza dei nostri prodotti, ma continuano a consumare regolarmente formaggi, latte e uova del nostro caseificio. Ci riforniamo nella zona di Martina e tutti i clienti ne sono consapevoli».
E a proposito delle ripercussioni del caso diossina sul settore, il direttore dell’Apa, l’Associazione provinciale degli allevatori, Giovanni Cappiello, dichiara: «Per ora non ci sono state conseguenze negative, anche grazie alle opportune puntualizzazioni attraverso le quali è stato possibile chiarire l’entità limitata del fenomeno. I cittadini sono stati rassicurati dalla garanzia che la situazione è sotto controllo e riferita ad una sola azienda, che pur essendo a norma non era però certificata».
Gli allevatori Apa, che stanno organizzando per il mese prossimo a Martina un seminario su «Formaggi tipici e globalizzazione», sono sottoposti a continui controlli per verificare la qualità dei prodotti. «Mettiamo in atto - dice Cappiello - monitoraggi mensili in oltre il 50 per cento delle aziende locali. E’ un elemento di salvaguardia per il consumatore ma è anche una forma di tutela per gli stessi allevatori che in questo momento non hanno affatto bisogno di pubblicità negativa»
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