Operaio si ustiona allo stabilimento Ilva di Taranto
Esplosione in acciaieria all’Ilva, ustionato un operaio. Nella tarda serata di sabato scorso, dopo le 23.30, un dipendente del siderurgico, Paolo Viesti, ventinovenne, addetto alla colata continua 5 dell’area acciaieria 1, è stato investito da un’ esplosione e travolto da schizzi di acciaio liquido incadescente. L’operaio tarantino, assunto dal gruppo Riva nel 2000, ha così riportato ustioni di primo e secondo grado (torace e braccia, soprattutto queste ultime) ed è stato trasportato al centro grandi ustionati dell’ospedale «Perrino» di Brindisi. Guarirà in 60 giorni. Immediata la reazione dei sindacati dei metalmeccanici (Fim, Fiom e Uilm) che hanno proclamato in quel reparto 30 ore di sciopero. L’astensione del lavoro terminerà questa mattina.
di un quintale che ha colpito alla testa l’operaio.
Le indagini per omicidio colposo sono coordinate dal pubblico ministero Salvatore Cosentino. L’incidente è avvenuto in un cantiere, nei pressi dell’acciaieria uno dell’Ilva. Alagni era dipendente dell’azienda appaltatrice «P&P» di Casoria (Napoli). L'operaio, secondo una ricostruzione effettuata dai sindacalisti aziendali, era impegnato con un collega nella movimentazione di due grosse lastre d’acciaio della lunghezza di 15 metri, imbragate su una gru. Improvvisamente ha ceduto un braccio meccanico del macchinario semovente, e un gancio, tecnicamente definito «bozzello», lo ha colpito in pieno alla testa, causandone la morte sul colpo. I sanitari del pronto intervento dell’Ilva, allertati dai compagni di lavoro di Alagni, non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso.
Stando a quanto dichiarato dall’Ilva, l’operaio morto stava procedendo alla movimentazione di materiali per il riordino del cantiere della sua azienda, la P&P impianti manutenzioni, che ha sede all’interno dell’Ilva. «Dalla semovente da 15 tonnellate di proprietà della stessa impresa, utilizzata per la movimentazione dei materiali - ha sottolineato l’azienda - si staccava il bozzello a cui era fissato il gancio della gru colpendo alla testa l’operatore».
Si attendono sviluppi anche nell’ambito dell’in chiesta sull’incidente del 22 aprile scorso in cui ha perso la vita Gjoni Arjan, di 47 anni, di nazionalità albanese, dipendente della ditta «Pedretti Montaggi» di Brescia. L’operaio stava lavorando all’assemblaggio di strutture metalliche, quando è precipitato da una passerella a 15 metri da terra nel reparto Laminatoio a freddo dell’Ilva .
Lo scorso 1° maggio, proprio nella giornata dedicata alla Festa del Lavoro, nella colata continua 1 ci fu un altro grave incidente. In quell’occasione, furono quattro gli operai ustionati. Due mesi fa, forse per una reazione chimica - ma non è escluso che un crostone sia staccato dalla siviera, cadendo nell’acciaio ad altissima temperatura, schizzi di liquido incandescente si riversarono sui quattro lavoratori. Dopo questo episodio, i sindacati Fim, Fiom e Uilm proclamarono uno sciopero di 36 ore nel reparto in cui si verificò l'incidente.
Tornando invece all’episodio di sabato sera, per il segretario provinciale della Uilm, Rocco Palombella, «quello che è accaduto è molto grave. Non è assolutamente possibile che, in una fase di lavorazione così delicata, succedano queste cose. Il circuito di raffreddamento deve funzionare perfettamente altrimenti si rischierebbe un incidente al giorno.
Si era capito subito che c'era qualcosa che non andava nel ciclo di raffreddamento. Sarebbe bastato cambiare un flessibile per far ripristinare la marcia in modo corretto. Quello che è accaduto è assurdo. E’ chiaro che l'incidente poteva essere evitato».
Palombella aggiunge: «Come si vede, purtroppo, i problemi di sicurezza in Ilva non riguardano solo le imprese dell’indotto ,che pure costituiscono un serio problema, ma anche i dipendenti diretti dello stabilimento. Cosa significa? Non dobbiamo abbassare la guardia e dobbiamo continuare a chiedere all’azienda di rispettare tutte le procedure necessarie per il corretto funzionamento di questi macchinari».
“Più garanzie per i lavoratori dell’appalto Ilva come accadeva nei primi anni Novanta”
L’ultimo incidente mortale ad Ilva di Taranto, un operaio dell’appalto morto colpito da un carico sospeso caduto da una gru, impone a noi tutti dei problemi sinora sottovalutati con le dovute riflessioni. Si tratta della legalità, della sicurezza e dei diritti di cinque mila lavoratori che operano nell’appalto e nel subappalto per circa trecento aziende all’interno del quarto centro siderurgico di Taranto. Lavoratori assunti per pochi mesi senza nessuna conoscenza degli impianti sui quali devono intervenire talvolta senza indumenti di sicurezza e con orari stressanti.
Lavoro che viene di volta in volta subappaltato nel ribasso dei costi da una azienda all’altra, con tempi di manutenzione sempre più incalzanti. Noi riteniamo che questo modo di lavorare debba finire subito. Occorre ritornare al cosiddetto appalto continuativo, quello adottato dall’azienda pubblica nei primi anni Novanta, come la prima soluzione del problema. Poche aziende specialistiche che assumano i lavoratori, li formino sui rischi possibili delle lavorazioni, sulla conoscenza del ciclo produttivo e delle macchine su cui devono operare.
Diritti sindacali per tutti nel rispetto della dignità, dando a questi lavoratori spogliatoi e mense adeguate. Trattarli come essere umani e non semplici pezzi di ricambio da usare all’occorrenza. Di questi problemi investiamo l’Ilva, ma riteniamo che le Istituzioni, Regione, Provincia e Comune abbiano l’obbligo di interloquire con la proprietà e definire un percorso certo di legalità e di sicurezza per i lavoratori dell’appalto.
Salvatore Dicorato
Giovanni Pompigna
Giancarlo Girardi
Laboratorio per l’unità della sinistra
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