Ilva, la guerra della diossina
BARI — In una mano il randello, nell'altra il ramoscello di ulivo. Nichi Vendola presenta le norme regionali per la regolazione in chiave pugliese delle emissioni di diossina. Annuncia di essere pronto a difenderle «davanti a qualsiasi giudice» (si riferisce allo scontro con il governo sul prevedibile conflitto di competenza che sarà sollevato). Ma poi chiede collaborazione e invita in Puglia la ministra dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo. La quale replica infastidita: con quelle disposizioni si fa chiudere l'Ilva di Taranto «in quattro mesi». È chiaro infatti che, per quanto la legge possa essere generale, il suo scopo effettivo è di abbattere drasticamente le emissioni del Siderurgico.
Il disegno di legge è stato licenziato dalla giunta ieri mattina; ora dovrà andare in consiglio. Vendola lo presenta alla stampa con l'assessore Michele Losappio, il direttore dell'Arpa Giorgio Assennato e i vertici degli enti locali tarantini. Le nuove norme fissano un principio: che le diossine da monitorare e limitare siano solo le 17 nocive (e non tutte le 210 prese in considerazioni dalle norme statali). In secondo luogo, in virtù del principio suddetto, fissa le nuove soglie. Gli impianti in esercizio potranno rilasciare emissioni di diossine e furani fino 2,5 nanogrammi per metro cubo, a partire dal primo aprile 2009.
Il limite si abbassa a 0,4 dal 31 dicembre 2010 e per tutti i nuovi impianti. Ora le emissioni dell'Ilva (con l'utilizzo dell'impianto di urea) si attestano attorno al 3,5 (senza urea attorno a 7-8). Se i valori, monitorati dall'Arpa, dovessero essere superiori a quelli indicati dalla legge, si ha 60 giorni per rimediare. Diversamente, dopo altri 60 giorni la Regione può arrestare l'impianto. Ecco perché Prestigiacomo parla di 4 mesi. Ora, attenzione alle date. La convenzione di Aaurhus in materia ambientale, recepita con legge statale, prevede nuove soglie di emissione (appunto lo 0,4 indicato dalla Regione) da raggiungere nel giro di otto anni, a partire dalla decisione dell'Unione Europea del 2004.
Insomma, come specifica il ministero dell'Ambiente, c'è tempo fino al 2012 per arrivare ai nuovi limiti. La Regione anticipa di due anni il limite più basso, ma fissa soglie rigide già dal primo aprile 2009.La ministra Prestigiacomo si dice «esterrefatta» e invita ad agire «con senso di responsabilità». In caso di approvazione della legge regionale, «si avrebbe come unica conseguenza la cessazione delle attività di uno stabilimento che tra diretti ed indotto dà lavoro a mezza Taranto.
Vendola appare consapevole dei problemi al ministero, ma tornato in Puglia si mette a capo della protesta ambientalista ». Losappio replica accusando la ministra di «zelo confindustriale », visto che neppure l'Ilva si è fatta sentire. Poi l'assessore spiega che, norme a parte, il risultato di abbattimento delle diossine si potrebbe raggiungere con la procedura Aia (autorizzazione integrata ambientale, nella quale il ministero ha parte importante). È un tema che sottolinea anche Vendola. Il limite di 0,4 - spiega - era stato chiesto nella procedura amministrativa: in Friuli si è fatto così per un'azienda del gruppo Lucchini. Non si è ottenuto nulla e si è passati al disegno di legge.
La Puglia è unica in Italia a legiferare sulla materia. «La nostra condotta dice il governaore - non è isterica. È responsabile e mira a coniugare lavoro, salute e ambiente ». Il governatore poi si rivolge al governo. Sollecita la bonifica del sito industriale di Taranto, al pari di quello brindisino e lancia un appello: stringere «un patto con la Regione e gli enti locali per la salvezza di Taranto». Da un lato il conflitto possibile, dall'altra la mano tesa. «Non c'è contraddizione spiega Vendola - la conflittualità tra istituzioni è un dato della democrazia».
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