Rinviato referendum sulla chiusura dell'Ilva di Taranto
Il referendum consultivo sulla chiusura dell’Ilva si rinvia. Così ha deciso ieri, a maggioranza, il consiglio comunale di Taranto con la sola opposizione formale dei consiglieri Mario Laruccia (Riformisti), Giampaolo Vietri (Pdl) e col «no» che il movimento «Agorà» (Massimiliano Di Cuia e Giovanni Ungaro) poi affida ad un comunicato stampa. Ma cosa è accaduto? La maggioranza di centrosinistra ha modificato il regolamento approvando un emendamento del presidente del Consiglio comunale, Gina Lupo. In estrema sintesi, il testo prevede che il referendum consultivo non possa svolgersi in concomitanza con le elezioni comunali, provinciali, circoscrizionali e regionali. Questa è la novità. E, in questo modo, il referendum chiesto dal comitato «Taranto Futura », presieduto dall’avvocato Nico Russo, non potrà più tenersi a fine marzo.
Il motivo è riconducibile alla necessità di non influenzare il dibattito ed il voto previsto per le elezioni regionali. Tesi, questa, respinta dall’opposizione. Laruccia, infatti, obietta che «anche le elezioni politiche hanno un’influenza sul territorio » mentre per Di Cuia «Il rinvio del referendum sull’Ilva è un grave errore e dimostra in quale modo questa maggioranza intende amministrare il nostro territorio: sfuggendo il confronto e negando ai cittadini la possibilità di dire la loro su una questione così importante». Ovvero, di esprimersi sulla chiusura dello stabilimento siderurgico oppure dell’area a caldo.
Complessivamente sono cinque i quesiti referendari proposti. Il primo quesito chiede di esprimersi sulla chiusura dell'Ilva, «con l'impegno del Governo di tutelare l'occupazione, impiegando le maestranze per lo smantellamento e bonifica dell'area in cui sono attualmente situati gli impianti industriali, e di destinare l'area stessa per altre attività economiche non inquinanti ».
Il secondo quesito propone la chiusura dell'area a caldo dell'Ilva, «maggiore fonte di inquinamento, con conseguente smantellamento dei parchi minerali, con l'impegno del Governo di far impiegare i lavoratori dell’area a caldo in altre attività».
Il terzo propone che il Comune di Taranto chieda all'Ilva il risarcimento dei danni per inquinamento ambientale.
Il quarto quesito chiede che il sindaco obblighi l'Ilva Spa e le altre industrie di Taranto a bonificare il territorio e il mare inquinato a loro spese, sulla base del principio «chi inquina paga», così come sancito dall'art. 174 comma 2 del Trattato dell'Unione Europea.
Il quinto quesito, infine, chiede che «il Consiglio Comunale di Taranto si adegui al risultato positivo derivante dal referendum consultivo in materia di ambiente, sulla chiusura totale o parziale dell'Ilva (della sola area a caldo), con la tutela dell'occupazione, così come prospettato dai quesiti referendari del Comitato Promotore «Taranto Futura», nel pieno rispetto del principio della sovranità popolare, così come previsto dall'art. 1 della Costituzione».
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