Taranto e la Terra dei fuochi sono proprio uguali?
Mons. Angelo Scherillo, vescovo di Aversa e don Maurizio Patriciello racconteranno i drammi e le speranze degli abitanti della "Terra dei fuochi" accomunata alla questione ILVA anche nel decreto legge n. 136 del 2013 convertito a febbraio.
Stasera (11 marzo) nella Concattedrale di Taranto monsignor Angelo Spinillo, vescovo di Aversa, e don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, parleranno del tema “Chiamati a custodire la vita”. Il decreto legge n. 136 sull’emergenza Terra dei fuochi dedica anche 2 articoli all’ILVA e dunque nella mente del legislatore è presente un’assimilazione.
Ci sono somiglianze tra Taranto e la Campania, a cominciare dalla contaminazione della catena alimentare. A Taranto vige il divieto di pascolo per 20 km intorno alla città e quello di coltivazione dei mitili nel primo seno del Mar Piccolo, dopo il ritrovamento di diossina nel pecorino e nei mitili da parte di 2 associazioni ambientaliste. In entrambi i territori le imprese di settore sono crollate e i prodotti agroalimentari sono stati oggetto di un discredito generalizzato. In entrambi si attendono le bonifiche, mentre a Taranto chi inquina non paga. Poi ci sono istituzioni inefficienti: possibile che nessuno si sia accorto dei camion in Campania? Possibile che il Comune di Taranto impieghi quasi 9 anni per chiedere il risarcimento danni ai Riva?
Tutto questo si traduce in una perdita secca di opportunità lavorative in agricoltura, pesca e turismo. Istituzioni spesso sono incapaci non hanno ascoltato i cittadini che hanno reagito con manifestazioni imponenti.
Vi sono però alcune differenze: a Taranto l’inquinamento deriva da una o più industrie, mentre in Campania dall’azione combinata di diversi soggetti tra i quali la camorra ed è più facile sentire sdegno. Il decreto 136/2013 “Terra dei fuochi” contiene “misure volte a garantire la sicurezza agroalimentare in Campania”, mentre nulla prevede in merito per Taranto.
Taranto è un SIN, sito di interesse nazionale, da 27 anni fa; avrebbero dovuto avviare interventi di messa in sicurezza, bonifica, monitoraggio ambientale e sanitario. Anche nella Terra dei fuochi l’inquinamento dura da anni, ma non è stata dichiarata area SIN.
Inoltre, possediamo dati sanitari sugli abitanti di Taranto da due anni, grazie alla perizia epidemiologica di marzo 2012, allo Studio S.E.N.T.I.E.R.I., al Registro tumori e al Rapporto di Valutazione del danno sanitario. Nella Terra dei fuochi invece le indagini epidemiologiche e il Registro tumori sono in ritardo.
Su Taranto ben quattro governi (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi) hanno legiferato per autorizzare l’ILVA a produrre in barba alle imponenti proteste della gente, ai provvedimenti della magistratura e ai richiami della Commissione Europea. Il limite di un cancerogeno (il benzo(a)pirene) è stato sospeso nel 2010.
In Campania il decreto “Terra dei fuochi” ha prontamente messo a disposizione risorse per tutelare l’agricoltura e la salute. In Campania alcuni sindaci e i parroci sono intervenuti nelle manifestazioni.
A Taranto l’inchiesta “Ambiente svenduto” ha invece messo in luce discutibili rapporti fra ILVA, Curia e Sindaco. Società civile e magistratura per fortuna hanno colmato questo fallimento, sia a Taranto sia nella Terra dei Fuochi.
La speranza nasce dal fatto che vi è un gran fermento legato alla possibilità di individuare alternative economiche ed ecologiche alla grande industria e che persino alcune associazioni datoriali si sono unite a questa richiesta. Lo stesso vescovo di Taranto ha promosso iniziative di ascolto della cittadinanza e di tipo culturale.
Ma la supplenza di vescovi, magistrati e associazionismo persino datoriale non cancella l’assenza della Politica.
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