Ricordare Francesco Zaccaria, morto di lavoro a 29 anni il 28 novembre 2012
Un abbraccio solidale ai genitori e a tutti quanti volevano bene a Francesco Zaccaria.
Undici anni fa ero con alcuni ambientalisti, tra i quali Nadia Strusi e Giuseppe Roberto, davanti alla direzione dell'ILVA perché una tv nazionale aveva organizzato una diretta da Taranto con ospitti in studio, al caldo.
Nel piazzale c'erano anche alcuni sindacalisti che si mostrarono parecchio ostili a noi e sgomitarono per prendere la parola e togliercela. In generale quella trasmissione come quasi tutte quelle gestite nella stessa modalità, non lasciò spazio ai tarantini, qualunque posizione esprimessero.
Il tutto si svolse senza che potessimo sentire quello che dicevano in studio e in condizioni climatiche proibitive, pioveva a vento e faceva molto freddo.
Scappammo via subito per paura di essere travolti dal tempaccio, sbagliai strada, accompagnai Peppe e Nadia a casa e tornai alla mia, giusto in tempo per ripararmi dalla violenta tromba d'aria che uccise Francesco Zaccaria, gruista ILVA.
Era il terzo morto ucciso da un infortunio all'ilva da settembre, uno al mese ed è rimasto nel cuore di molti tanto che di solito in questa data si è sempre fatto qualcosa per ricordarlo.
Io l'ostilità di alcuni sindacalisti e operai la capisco.
Chi difendeva il sistema di potere dell'Ilva ha sempre diffuso l'idea che noi ambientalisti fossimo nemici degli operai dimenticando che al siderurgico ci sono sempre stati tanti morti uccisi da infortuni. Chi è cresciuto sulle rive dello Jonio ha memoria di tante morti bianche. Quando frequentavo la seconda del liceo classico Archita morì bruciato Antonio Casarano, figlio di un bidello molto amato dagli studenti. Anna Francesca, una delle sue sorelle di Antonio ha scritto una lettera pubblica per ricordare i tragici fatti del 1984, dopo l'ennesimo operaio ILVA morto per le ustioni.
Anche a lei e alla sua famiglia mando un abbraccio solidale e grato perché fare memoria è un contributo indispensabile al futuro di una comunità.
Il potere cattivo, quello che uccide i territori, non solo Taranto, mette le persone una contro l'altra.
Il potere cattivo non ha voluto dare una via d'uscita agli operai, non ha ascoltato le richieste di lavorarci che sono arrivate da chi proponeva di chiudere gli impianti.
Si è fatto credere che non ci fosse alternativa all'acciaio sporco giocando al solito "Divide et impera".
Il potere però può essere anche buono, dipende dalle persone.
E' necessario unire le persone valide e libere per salvare Taranto, la Puglia, l'Italia, l'Europa, il mondo.
Reagiamo allo sconforto cercando le persone valide e libere una per una e ricostruire la casa comune piuttosto traballante.
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