Uno storico Trattato dell’Onu ha messo al bando le armi nucleari.
Il ruolo della società civile, l’importanza della norma internazionale, i passi ancora da compiere.
Alice Kooij Martinez
Campagna internazionale per la messa al bando delle armi nucleari
La mattina di mercoledi 6 luglio affollata riunione dell’ICAN, con quasi un centinaio di partecipanti e molti interventi. La linea che è emersa definisce prioritario il portare a casa il Trattato di fronte alle pressioni ed ai ricatti che crescono per arenare la proibizione giuridica delle armi nucleari.
Un’Italia, un’Europa e un pianeta liberi da armi nucleari. Ancora una parola sul Trattato di Non Proliferazione delle Armi Nucleari, perché l’impegno della società civile non cessi.
PeaceLink a Taranto dedica l'iniziativa del 4 novembre al disarmo nucleare e alle persone che lavorano per la pace. Alla libreria Gilgamesh (via Oberdan 45, Taranto) alle ore 18 sarà presentato il libro "La follia del nucleare".
A pochi giorni dall’anniversario del disastro della centrale nucleare di Chernobyl, è bene riscoprire la nostra vocazione alla bellezza di cui siamo custodi.
La casa comune ci è stata affidata e dobbiamo prendercene cura.
L’ITALIA A GINEVRA SI SCHIERI GIA’ DA MAGGIO CON IL FRONTE DEI PAESI CHE VOGLIONO L’ABOLIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI: QUINDI SUBITO VIA LE ARMI ATOMICHE DAL TERRITORIO ITALIANO!
E' in atto una corsa tecnologica, presentata come un investimento per la “difesa del futuro”, che rischia di impegnare risorse economiche enormi per i prossimi decenni, sottraendole allo stato sociale e alle urgenze ambientali. Vediamo cosa avranno di fronte i parlamentari italiani.
La sentenza parla di "cornice piduista" in una "prospettiva politica atlantista". Oltre al ruolo di Licio Gelli nella strage emerge infatti quello di Federico Umberto D’Amato, amico di Cossiga e affiliato alla P2, e già rappresentante del Ministro dell’Interno nel Comitato di Sicurezza della Nato.
Il rapporto è stato pubblicato nel 2010 ma è rimasto ampiamente ignorato perché scomodo. Redatto dall’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani, il rapporto descrive violenze estreme documentate con testimonianze e indagini indipendenti. Ma il governo del Ruanda lo ha contestato.
Sulla base di ricerche estremamente dettagliate il libro conclude che ci furono gruppi armati di manifestanti del Maidan che occuparono postazioni da cui partirono i proiettili che colpirono sia i manifestanti sia i poliziotti.
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