Peacelink non molla: assicurazioni da copione
TARANTO — I consumatori hanno fiducia. Almeno per ora, a Taranto, non c'è alcun contraccolpo nei supermercati, nei negozi e al farmer market: la vendita di latticini e prodotti derivati continua come sempre, anzi alla vigilia dei giorni di festa è aumentata. L'allarme diossina non ha creato panico e fuga da mozzarelle e formaggi e la comunità dimostra un atteggiamento maturo e consapevole.
Fino ad oggi, d'altra parte, le analisi hanno rivelato un solo caso di presenza di diossina e policlorobifenili nel latte prodotto dagli animali di un allevamento vicino Statte, a pochi chilometri da Taranto. Si tratta, inoltre, di latte a consumo interno al gregge e non destinato alla vendita ai caseifici.
Le autorità hanno decretato il «vincolo sanitario» e quegli animali non possono essere neanche macellati. Il titolare dell'allevamento di capre e pecore, Cosimo Quaranta, è la prima vittima di questa situazione a causa dei veleni che i suoi animali hammo mangiato insieme all'erba brucata.
I dati non sono molto confortanti e li vogliamo rendere noti e commentare per gli ovvii collegamenti con la presente attualità». I dati cui si riferisce Peacelink «sembrano contraddire le dichiarazioni ottimistiche dei livelli politici». La ricerca cui si fa riferimento è stata fatta nel 2001 da ricercatori dell'Università di Bari, Istituto di Chimica. «Al fine di determinare il livello di contaminazione da PCB, POC e HCB (diossine, ndc), è stata condotta un'indagine su 450 campioni di latte (bovino, ovino, caprino e di bufala) provenienti da diverse aziende agricole pugliesi.
La presenza di questi contaminanti nel latte non è desiderabile, poiché questo alimento è di largo consumo ed è un importante nutrimento soprattutto per i neonati».
Nazareno Dinoi
Stesso clima di fiducia al farmer market di corso Umberto, il primo aperto in Puglia per la vendita diretta dal produttore al consumatore. Il banco dei prodotti caseari è affollato come ogni giorno. «Guardi - dice un cliente - per ora non c'è alcuna ragione per spaventarsi. Abbiamo letto che il caso è isolato e ci è stato spiegato che quel latte non entra nel circuito esterno. Per ora abbiamo fiducia e continuiamo a mangiare mozzarelle e formaggi ».
Non variano le reazioni in un negozio di alimentari di via De Cesare, in pieno centro cittadino. «Fino ad oggi le abitudini dei nostri clienti non sono cambiate - racconta il titolare - e non vediamo segnali di preoccupazione verso il consumo di latte e formaggi. Vedremo se cambierà qualcosa nei prossimi giorni in presenza di eventuali novità».
Nel frattempo continua l'attività dell'azienda sanitaria locale. Vuole acquisire, attraverso ispezioni e ulteriori analisi sui campioni prelevati in altri allevamenti di Massafra, Montemesola e Crispiano, elementi per valutare complessivamente la situazione. E anche la procura di Taranto vuole approfondire il problema.
Nei prossimi giorni ci sarà una riunione operativa per mettere a punto un piano d'azione mediante, se necessario, la creazione di un gruppo di magistrati che dovranno lavorare sull'ipotesi di disastro colposo. La contaminazione eventuale di terreni, pascoli e foraggi rientra in questa categoria di reati. Intanto da Confagricoltura Taranto arrivano alcune precisazioni.
«Il latte bovino è in regola e non c'entra nulla con quello ovino - spiega il direttore Carmine Palma mettendo in guardia dalle semplificazioni e dai rischi d'allarmismo - e bisogna chiarire che il latte bovino delle nostre aziende è sottoposto a rigorosi controlli di qualità. Altro discorso è quello delle zone di pascolo, come nella vicenda di Statte: pascolare vicino all'Ilva non doveva essere possibile già prima, non solo adesso che si è scoperto che qualcosa non va».
Sulla stessa linea Luca Lazzaro, presidente dei Giovani di Confagricoltura. «Si tratta di un caso circoscritto - afferma - per cui diciamo no all'allarmismo, che può solo creare gravi e gratuiti danni alla zootecnia. Non possiamo accettare che l'agricoltura finisca sul banco degli imputati quando si sa da tempo che Taranto è area ad alto rischio ambientale: ma tutto ciò è rimasto sulla carta, compresi i controlli delle istituzioni competenti».
Una vicenda che, insomma, rischia di far male ad un intero settore: «Noi - continua Lazzaro - subiamo questa situazione, eppure la nostra agricoltura è sana. Le nostre aziende seguono buone pratiche agronomiche e zootecniche per cui oggi è possibile tracciare ogni singolo prodotto e, quindi, rintracciare persino il capo da cui proviene il latte o il derivato.
È importante ribadire che contemporaneamente al campione di Statte incriminato, ne è stato verificato un altro di un'azienda vicina, ma sottoposta a controlli di qualità e certificazioni, e in questo latte non è risultato nulla di anomalo. I consumatori possono stare tranquilli nell'acquistare il latte tarantino».
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