Ucraina

L'inutile strage di Bakhmut

Siamo di fronte a un "sacrificio" umano premeditato per difendere un cumulo di rovine. Muoiono ragazzi senza esperienza, impiegati in missioni suicide per dimostrare eroismo insensato in un punto privo di valore strategico dal quale ogni ragionevole generale ritirerebbe le truppe per salvarle.

Da mesi sto seguendo i webinar militari sull'Ucraina con gli esperti che spiegano la guerra nei dettagli. Bakhmut

Ciò che emerge a Bakhmut è una carneficina impressionante, quartiere per quartiere.

Ma è nei dettagli che si comprende il senso di questa battaglia. E il suo cinismo.

Militarmente la difesa di Bakhmut è insostenibile per l'Ucraina. E' accerchiata e sotto tiro costante. Per rimpiazzare le perdite mandano a Bakhmut giovani privi di esperienza e del necessario addestramento.

Ma Zelensky sta letteralmente "sacrificando" i ragazzi di leva di vent'anni per far vedere la forza della sua nazione nel difendere un sito che ha solo un valore simbolico. Bakhmut non produce nulla di strategico, produce vino, ed è un cumulo di macerie. I soldati ucraini potrebbero arretrare di qualche chilometro attestandosi saldamente dietro un fiume. Militarmente un ripiegamento tattico non sarebbe un problema e costituirebbe una saggia scelta per qualunque militare dotato di senso di responsabilità. I russi si sono ritirati da Kherson in condizioni più o meno simili, ed è stata una scelta ragionevole militarmente. Ma Zelensky preferisce la retorica del sacro suolo patrio e per questo si è posto anche contro i suoi generali: vuole tenere Bakhmut a tutti i costi per una mera questione di immagine. Bakhmut è l'eroismo del sangue da esibire al mondo come prova di fedeltà alla patria fino al sacrificio estremo. Per rivendicare altre armi.

Diciamolo pure: Bakhmut è l'idiozia che si traveste da guerra.

Lo dice chiaramente chi è esperto di cose militari: la difesa di Bakhmut ha un'utilità pari a zero da un punto di vista strategico. Tutti lo sanno fra gli addetti ai lavori: a Bakhmut siamo di fronte a un "sacrificio" umano premeditato per una mera questione di immagine. 

A morire sono ragazzi con poca esperienza, mandati allo sbaraglio nel fiore dei loro anni, impiegati in operazioni suicide per dimostrare che l'Ucraina non cede. Ripeto, senza tema di smentita: ogni ragionevole generale ordinerebbe una ritirata tattica per salvare le truppe scegliendo una linea difensiva più vantaggiosa militarmente. Ma Zelensky non vuole e ha scelto la strada dell'eroismo cinico e idiota. Sceglie deliberatamente il sacrificio inutile dei suoi soldati per gonfiarsi il petto e ricevere altre armi dall'Occidente.

È la mattanza di Bakhmut.

E' la guerra suicida alla Cadorna, il generale spregiatore della vita dei suoi soldati che mandava a morire senza scampo, per intenderci.

Ma c'è un altro punto che molti non sanno e che invece è importante sapere.

Perché Zelensky sacrifica i ragazzi di vent'anni che non sanno fare la guerra e che sono arruolati da poco? A volte un ragazzo lanciato nella killing zone di Bakhmut dura qualche giornata, a volte poche ore, a volte meno di un'ora. Un comandante ucraino ha detto che la durata media di un soldato è quaranta minuti, poi l'intervista è stata censurata.

Perché allora Zelensky conduce questa insensata difesa di Backhmut?

Lo fa per preservare le truppe scelte e bene addestrate che andranno a preparare la futura controffensiva concordata con la Nato. Quella che dovrebbe sfondare da qualche parte le posizioni occupate dai russi.

Le giovani reclute, quelle che non sanno fare la guerra, stanno morendo perché sopravvivano i valorosi soldati della riscossa, quelli che sanno fare la guerra.

Il nucleo valido dell'esercito si è infatti già ritirato da Bakhmut, tranne una unità con buona esperienza militare che regge nel punto più critico. Il resto è sacrificio umano della truppa, è una valanga di giovani buttati nella mischia, è la massa di kamikaze che non arriverà a vedere l'alba del giorno successivo.

Noi pacifisti queste cose le dobbiamo sapere e soprattutto le dobbiamo dire.

Questa è la guerra inutile che stiamo sostenendo con le nostre armi.

Le nostre armi servono all'esatto opposto a quello che dichiariamo: non servono a difendere le vite degli ucraini ma all'esatto contrario, servono al loro sacrificio insensato, come nei grandi massacri della prima guerra mondiale.

Le nostra armi servono a tentare di vincere, costi quel che costi.

Zelensky cerca di vincere con un prezzo altissimo una guerra che nulla ha più a che fare con la romantica narrazione della difesa di Kiev. Non è una guerra per difendere i bambini, ma è una guerra per renderli orfani. Con la nostra complice responsabilità. Le nostre armi vanno ad alimentare una guerra che non ha nulla a che fare con la difesa dei civili ma che serve ad arruolarli e a mandarli alla morte.

Si combatte per territori la cui sorte dovrebbe essere decisa non con le armi ma con referendum sotto la supervisione ONU.

Questa guerra nulla ha a che fare con una decente prospettiva di espressione della sovranità popolare, è invece una medievale ordalia.

La guerra in corso è la resa dei conti per pochi chilometri di confine o per la velleitaria riconquista Crimea. 

La guerra che emerge dalle analisi sul campo a Bakhmut, parliamo delle analisi degli esperti militari e non da politici fanfaroni che biascinano di guerra senza saperne nulla, non è una guerra per difendere gli ucraini ma è una carneficina per difendere o riconquistare case distrutte senza persone dentro.

La realtà concreta della guerra è completamente diversa dalla narrazione immaginaria e astratta di una politica asservita alla retorica della vittoria militare. C'è una vasta schiera di politici che parla a vanvera senza conoscere quello che avviene sul campo. C'è una vasta schiera di politici che, se credessero veramente in quello che dice, avrebbero fatto come Carlo Rosselli e altri volontari che nel 1936 andarono a combattere nel Battaglione Garibaldi contro il generale Franco che attentava alla libertà della Spagna. Li avete visti prendere in mano un'arma scelta fra quelle da noi così generosamente donate? Li avete visti abbandonare il loro comodo divano?

Nell'eterna lotta fra la coerenza e l'ipocrisia, in questa guerra vince l'ipocrisia della politica di chi manda gli altri a morire senza rischiare nulla. Se non è guerra per procura questa...

Eppure basterebbe poco. Basterebbe un plotone di nostri parlamentari interventisti mandati a combattere a Bakhmut per vederli arrivare trafelati a dire: occorre un piano di pace.

Basterebbe mandare la Schlein una settimana al fronte per vederla ritornare indietro nuovamente pacifista come un tempo.

Il punto è questo: dobbiamo dire la verità.

La strategia di invio delle nostre armi non serve a difendere la popolazione ma ad alimentare una guerra senza fine. E' una strategia che non mira a salvare la vita ma che mette nel conto la morte di altri giovani ucraini per un numero indefinito di mesi. Fino alla vittoria finale. Se mai verrà.

La parola "vittoria" guida oggi una guerra che era nata con la parola "difesa".

Ci propongono di continuare a combattere per una guerra è completamente diversa dalla sua narrazione televisiva.

Ripetiamolo fino alla noia per chi si fosse distratto: a Bakhmut non c'è alcuna difesa di persone, di donne e bambini. Chi manda le armi per "morire per Bakhmut" sostiene in realtà una guerra priva dei valori romantici della "difesa" dei civili. La guerra in atto è solo l'insensata carneficina descritta da Emilio Lussu nel suo magnifico libro "Un anno sull'Altipiano". E' la guerra del generale Leone, cinico e folle, oltre che spietato. È solo una guerra di orgoglio militare, per dimostrare chi è più forte. Ma mentre i russi sono di più e combattono con una evidente superiorità militare, gli ucraini difendono case diroccate con ragazzi di vent'anni che non hanno scelto di combattere. Li rastrellano a Kiev. Per mandarli a morire. Per la gloria di Zelensky, con una narrazione propagandistica utile ai creduloni e a chi non si preoccupa di conoscere le cose a fondo. Ma chi va a fondo sa perché tutto questo accade. Molti giovani combattono perché sono reclutati a forza. Altro che difesa della popolazione. C'è una vasta area della politica interventista che è complice di una guerra "fino all'ultimo ucraino". Dovrebbero dimostrare che tutto questo ha difeso vite umane. Non lo possono fare perché è una guerra finalizzata non a difendere la vita delle persone ma ad accrescere la carneficina. Fino alla vittoria.

Siamo arrivati al punto che chiedere la pace e un cessate il fuoco è ormai segno di asservimento a Putin. E ormai, lo vedete, non si parla più di pace, e chi tenta di farlo è visto con sospetto: farebbe il gioco della Russia.

E dunque: avanti fino alla vittoria. Fino alla carneficina totale. Questa è la logica che si è impossessata del fronte dei guerrafondai. 

C'è da essere indignati e scandalizzati non solo per la guerra ma anche per chi la sostiene a oltranza senza conoscerla e in particolare senza sapere cosa sta avvenendo veramente a Bakhmut.

A questo punto sento già la vocina del solito che dice: "Ma Putin? Non hai parlato delle colpe di Putin?"

A quella vocina si può rispondere che di Putin abbiamo già parlato malissimo migliaia e migliaia di volte. E lo ribadiamo anche qui, se il copione lo richiede. 

Ma parlare male di Putin non ci solleva dalle nostre responsabilità.

Il fatto che i proiettili che colpivano i soldati italiani fossero austriaci non sollevano Cadorna dalle sue responsabilità di averli mandati a morire in operazioni impossibili e senza senso. Stessa cose per Zelensky e per noi che lo sosteniamo.

Il fatto che Putin abbia le sue gravissime responsabilità non ci assolve dalle nostre responsabilità nel modo di condurre questa guerra. Dalle nostre ambiguità. Dalle nostre infinite ipocrisie. Perché, sia ben chiaro, della vita degli ucraini non ce ne importa nulla, la cosa importante è che vincano, perché la Nato lo vuole. Fino all'ultimo ucraino. Noi, l'Occidente fedele che sbatte i tacchi e dice signosì ad ogni guerra benedetta dalla Casa Bianca, stiamo mandando un'intera nazione alla sbaraglio per un massacro senza fine che ha smarrito i caratteri originari di "difesa" per persino "attacco" e "riconquista" della Crimea. E' una guerra di sfinimento della Russia che si sta trasformando nello sfinimento dell'Ucraina.

E' la prova di forza "per dimostrare ulteriormente come la guerra di Putin abbia reso la Russia un paria internazionale", come ha affermato Biden l'8 aprile dello scorso anno.

Leggete bene e con attenzione queste parole: rendere la Russia un paria internazionale. Siamo alla resa dei conti finali fra gli Stati Uniti e la Russia, fino a smembrarla, assaggio preliminare di una forse ancora più pericolosa prova di forza: quella con la Cina. Che si sta lamentando in questi giorni dello sconfinamento di navi da guerra americane in "acque territoriali cinesi". Non ci preoccupano queste avvisaglie?

Nella prima guerra mondiale lo scontro nacque per motivi che nulla poi ebbero a che fare con la sua prosecuzione: attentato di Sarajevo, l'invasione tedesca del Belgio. A quelle terribili premesse fece seguito una guerra che assunse, a ragioni del suo futuro, una serie di dinamiche e di obiettivi che prescindevano dalle premesse. Gli storici oggi studiano la prima guerra mondiale prescindendo dallo schema aggressore/aggredito.   A motivare la guerra furono altre forze nascoste. L'indignazione dell'invasione del Belgio da parte della Germania portò le nazioni dell'altro fronte a volere la "vittoria", non la "pace". Una guerra che doveva finire entro Natale durò un quinquennio. E quando si imbocca questa via dello scontro infinito, la guerra diventa altra cosa, si alimenta di se stessa, e non più delle sue cause iniziali. L'orrore re la prospettiva che la alimenta non ha più un nesso con le sue origini. E tutti diventiamo responsabili della carneficina senza fine. Tutti diventiamo responsabili dell'assurda retorica della vittoria. Tutti diventiamo responsabili dell'inutile strage di Bakhmut.

La strage è così insensata che è diventato segreto di Stato in Ucraina comunicare le perdite in guerra. Ho scritto alla Schlein per sapere se a lei questa cosa va bene, senza avere alcuna risposta. Come si fa a dire che questa guerra serve a salvare la vita alle persone se non si conosce il numero delle vittime?

Vorrei concludere questo editoriale con le parole di un war poet, Wilfred Owen, che nel 1915 era partito volontario dalla Gran Bretagna per combattere in nemico cattivo di allora, ossia il militarismo tedesco della prima guerra mondiale.

Se in qualche orribile sogno anche tu potessi metterti al passo

dietro il furgone in cui lo scaraventammo,

e guardare i bianchi occhi contorcersi sul suo volto,

il suo volto a penzoloni, come un demonio sazio di peccato;

se solo potessi sentire il sangue, ad ogni sobbalzo,

fuoriuscire gorgogliante dai polmoni guasti di bava,

osceni come il cancro, amari come il rigurgito

di disgustose, incurabili piaghe su lingue innocenti -

amico mio, non ripeteresti con tanto compiaciuto fervore

a fanciulli ansiosi di farsi raccontare gesta disperate,

la vecchia Menzogna: Dulce et decorum est

Pro patria mori.

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