L’importanza educativa della memoria di John Rubel, l’esperto del Pentagono che si dissociò

Il male al servizio del bene? Hiroshima, Nagasaki, Rubel e l’ombra lunga dell’apocalisse atomica

Nel 1960 esisteva un piano per un massiccio first strike nucleare contro l’URSS. Prevedeva di colpire per primi Mosca. Il bilancio previsto? Oltre 600 milioni di morti di cui 375 all'istante. Rubel, dopo aver visto quelle cifre, le paragonò apertamente alla logica dello sterminio nazista.

Sono passati 80 anni da Hiroshima e Nagasaki. Da allora, ogni agosto, il mondo si ferma a ricordare. Hiroshima e Nagasaki

Ma cosa ricordiamo davvero? Che la bomba atomica "ha salvato delle vite"? Che “ha accelerato la fine della guerra”? La narrazione dominante, soprattutto in Occidente, continua a giustificare il male con il bene. Una retorica insidiosa che viene replicata come giustificazione universale della guerra.

Ed è proprio questa retorica ad aver aperto le porte a un pensiero strategico disumanizzante.

A ricordarcelo, con una lucidità che toglie il fiato, è la storia – poco nota in Italia – di John H. Rubel, scienziato e funzionario del Pentagono durante gli anni più caldi della Guerra Fredda. Rubel ha potuto conoscere nel 1960 i dettagli del SIOP (Single Integrated Operational Plan), ossia il piano segreto degli Stati Uniti per una guerra nucleare preventiva contro il blocco sovietico. Ne parla Annie Jacobsen nel suo recentissimo libro "Guerra nucleare", edito da Mondadori.

Quel piano prevedeva un massiccio first strike nucleare contro l’URSS. Era pianficicato nel dettaglio, target per target, per colpire in maniera preventiva. Il bilancio previsto? Oltre 600 milioni di morti di cui 375 all'istante. Rubel, dopo aver visto quelle cifre, le paragonò apertamente alla logica dello sterminio nazista, denunciando la leggerezza con cui si mettevano nel conto milioni di vite umane.

Ma la sua non fu una ribellione pubblica. Fu una ribellione silenziosa, come spesso accade tra le pieghe della storia. Da una posizione interna al Dipartimento della Difesa, Rubel si oppose con tenacia alle procedure semplificate di lancio che rischiavano di provocare una guerra accidentale. Nel sistema dei missili Minuteman, due uomini potevano lanciare 50 testate con un semplice interruttore. Sarebbe bastato anche un guasto elettrico per far partire quella che lui definì la "macchina del giudizio universale".

Eppure, anche grazie alla sua ostinazione, il piano fu modificato. Non abolito, ma reso meno catastrofico. La voce di Rubel, pur minoritaria, ha allontanato il mondo dall'abisso.

Per questo, oggi, Hiroshima e Nagasaki non vanno solo commemorate: vanno rilette alla luce delle pianificazioni che ne seguirono. La retorica che il male può servire al bene fu in grado di partorire le pianificazioni nucleari che Rubel cercò di fermare.

La memoria non è completa finché queste storie restano fuori dalla consapevolezza globale. Il libro della giornalista americana Annie Jacobsen, dal titolo Guerra nucleare (Mondadori), nella sua parte iniziale riporta alla luce – con documentazione e rigore – la testimonianza di Rubel e i retroscena dei piani nucleari americani. Un testo che andrebbe studiato a scuola. C'è infatti un'importanza educativa nella memoria di Rubel. La sua storia ci racconta la riluttanza di chi nelle stanze segrete del potere ha saputo dire no all’apocalisse atomica.

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