San Stefano
Fulvio Grimaldi, in un recente articolo di approfondimento, aveva segnalato in “San Stefano Chiarini” uno dei giornalisti da leggere su “il manifesto”. Grimaldi faceva così riferimento - qui ricordo e reinterpreto liberamente - al percorso di un quotidiano nel quale purtroppo oggi prevale il pensiero unico della narrazione mainstream.
Son d’accordo. Nel mondo dell’informazione, a mio avviso, il manifesto per continuare a vivere ha bisogno di assegnare spazio alla pubblicità e di essere inserito nelle varie rassegne stampa; deve quindi necessariamente stare dentro l’ordine dei discorsi. Non Stefano Chiarini bensì una buona parte dei suoi giornalisti - ad avviso di un abbonato e sottoscrittore come lo scrivente - potrebbe invece infoltire la schiera di ‘professionisti illuminati’ della Stampa o del Corriere della sera.
Il manifesto non si può permettere di uscire troppo dalla corrente dominante. Rimane un giornale da frequentare; forse l’unico, ma con la lanterna.
Il sistema oggi come oggi ammette solo se stesso, il proprio modo di pensare e le persone a sé omologate: non c’è via di scampo!
Ultimamente un piccolo editore come Malatempora - voce di tanti altri - è uscito con un annuncio intitolato: “Stanno cercando di farci fuori”.
Di Stefano Chiarini, quando c’era un articolo, io mi fermavo a leggere le parole con calma. Per quel poco che l'ho potuto vedere nelle assemblee di Movimento, aveva uno sguardo lievemente sorridente e intenso; di chi ci tiene a comprendere, a entrare dentro le cose.
Il fatto da registrare è che, come nel caso di Stefano Chiarini, anche altri - penso a Tom Benetollo - muoiono proprio in momenti nei quali esprimono ideali e valori che disturbano in modo particolare un po’ tutti; non solo il potere.
In Taccuini 1990-95, Jean Baudrillard ha scritto: “Tutti i militanti finiscono per essere dei pentiti”; e ancora: “La maggior parte delle persone, quando ne hanno, diventano parassiti delle proprie idee”.
Stefano Chiarini invece no.
5/2/7 - Leopoldo BRUNO
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