Cassa integrazione per i giornalisti di E-Polis
Si terrà domani 1° agosto a Roma un incontro al ministero del Lavoro per definire il verbale d'intesa per la cassa integrazione che il gruppo editoriale E-Polis di Nicola Grauso chiede per i giornalisti dipendenti. Secondo i dati forniti al comitato di redazione, su un totale di 138, quelli a tempo indeterminato sono 64 fra i cosiddetti «articoli 1» (applicato ai professionisti ai sensi del contratto nazionale di lavoro giornalistico), sei fra gli «articoli 2», mentre otto hanno un articolo 12, quello applicato ai corrispondenti. Circa il 50 per cento dei giornalisti è precario. Dei 121 articoli 1 nel libro paga dell'azienda, 57 hanno un contratto a tempo determinato. Le pubblicazione dei 15 quotidiani, fra i quali due edizioni in Sardegna dove, dal settembre 2004 a Cagliari, ha sede la redazione centrale del gruppo, e quattro prodotte in telelavoro (Milano, Bologna, Roma e Napoli), è sospesa dal 17 luglio scorso e non si sa se, e quando, riprenderà.
Il settimanale l'Espresso in edicola fa previsioni pessimistiche, partendo dal pesante passivo dell'azienda che Grauso - secondo quanto riferito ai dipendenti - sarebbe disposto addirittura a regalare purché chi subentra si accolli tutti i debiti. Il deficit non sarebbe da poco: secondo l'Espresso, ammonterebbe a una quarantina di milioni di euro. E-Polis, che finora ha distribuito la maggior parte delle copie in regime di free-press oltre a una quota nelle edicole al prezzo di cinquanta centesimi, risulta controllata da Grauso, ma il 47,17% delle azioni è di una società con sede a Beirut, la libanese Real Estate Investment company Sal.
Secondo i conti del settimanale romano, nel giugno scorso i debiti maturati nei confronti dello stampatore dei 15 quotidiani, Umberto Seregni, ammontavano a 21 milioni 764.000 euro. Altri tre milioni di euro erano stati concessi al gruppo dalla Sfirs, la finanziaria della Regione e altri sette sono confluiti nelle casse del gruppo dalla Sardafactoring e da Banca Cis. L'azienda che ha fornito gli arredi per le redazioni vanterebbe un credito di mezzo milione di euro. Al gruppo è mancato l'apporto della concessionaria di pubblicità Publikompass, che si sarebbe disimpegnata in corsa spingendo l'editore a creare una rete di vendita autonoma. All'origine dello stato di crisi - scrive ancora l'Espresso - ci sarebbe il fatto che a fronte di ricavi per 28 milioni di euro le spese si siano attestate intorno ai 45 milioni, a fronte dei 42 milioni stimati.
Le difficoltà finanziarie di E-Polis contrastano con il vento favorevole che spinge oggi la stampa quotidiana free press, in Italia come nel resto del mondo. Il giornale di Grauso, uscito dopo le prime esperienze di Metro (di proprietà di un gruppo svedese), di Leggo (editore Caltagirone) e di City (gruppo Rcs), si era distinto per una certa qualità nella sua fattura. All'inizio del 2007, l'intera settore free press aveva vinto una lunga battaglia iniziata a suo tempo da Metro: ai giornali gratuiti era stato riconosciuto la rilevazione Audipress come per i giornali a pagamento, che certifica il numero dei lettori ed è dunque un indice importante per gli investitori pubblicitari.
Articoli correlati
- Nel 2017 sono stati assassinati 42 operatori dell'informazione
In America latina tiro al bersaglio contro i giornalisti
Le istituzioni criminalizzano i reporter e garantiscono l'impunità ai loro carnefici17 gennaio 2018 - David Lifodi - In occasione delle proteste contro l’approvazione della riforma pensionistica
Argentina: la polizia spara pallottole di gomma contro i giornalisti
Molti gli operatori dell’informazione feriti20 dicembre 2017 - David Lifodi - I giornalisti sotto il fuoco incrociato dei narcos e dello Stato
Messico: guerra aperta agli operatori dell’informazione
Il coraggio di Javier Valdez e dei suoi colleghi, caduti per la libertà di espressione nel segno del giornalismo indipendente1 giugno 2017 - David Lifodi - Una nota, redatta per IL MANIFESTO, di Mario Agostinelli e Bruno Ravasio
Fermiamolo!
La deviazione autoritaria imposta da Renzi, appariva una forzatura presuntuosa per riallineare il Paese ai canoni del decisionismo liberista. Ora è più evidente che nella strategia concordata con Berlusconi si configura un attacco specifico alla democrazia economico sociale in ogni suo punto.25 settembre 2014 - Laura Tussi
Sociale.network