Intervista

Pannella: il pacifismo va messo al bando

Pannella afferma che il pacifismo in questo secolo ha prodotto effetti "catastrofici", e comunque non è assolutamente assimilabile alla nonviolenza gandhiana e all'antimilitarismo.
Paolo Franchi
Fonte: Corriere della sera, 20 febbraio 1991 http://old.radicali.it/search_view.php?id=52152

SOMMARIO: [Intervista. Nell'occhiello:"Intervista al leader pr che sogna la grande Costituente democratica entro il '91 (E la nota Craxi-Occhetto? 'Mai volare basso')"]. L'intervistatore fa notare che Pannella "ha il dono di saper ricomparire sulla scena politica anche quando tutto sembra congiurare per tenerlo ai margini". Appena archiviato il terzo congresso "nazionale" del pr, "ha riallacciato il contatto, che sembrava perduto, con Craxi", e ha gettato "un nuovo ponte" verso Occhetto. Anche Craxi e Occhetto poi si incontrano. "Tanti disgeli in poche ore hanno colpito un po' tutti"... "cosa succede, Pannella? Si ricomincia dall'UGI?" Per Pannella, una UGI senza un po' di "federalismo" sarebbe una UGI di "potere", nella quale i radicali sarebbero di troppo.

Per ciò che riguarda il partito di Occhetto, Pannella afferma che senza il lancio di una grande Costituente democratica "entro la fine dell'anno", può succedere il "disastro". Un accordo nuovo a sinistra può aver successo solo dietro un nuovo programma di politica estera radicalmente "federalista, europea", ecc. Per quanto riguarda il pacifismo, su cui l'intervistatore insiste, Pannella afferma che il pacifismo in questo secolo ha prodotto effetti "catastrofici", e comunque non è assolutamente assimilabile alla nonviolenza gandhiana e all'antimilitarismo. Infine, per la lotta alla partitocrazia, Pannella afferma di rivolgersi alla "gente", ma spera che Occhetto e Craxi possano rifletterci su "senza pregiudizi". Non si rivolge invece in particolare alle leghe, che rappresentano solo la "rabbia" della gente, "l'altra faccia della rassegnazione".

(CORRIERE DELLA SERA, 20 febbraio 1991)

ROMA - Non datelo mai per scomparso. Caso più unico che raro, ha il dono di saper ricomparire sulla scena politica anche quando tutto sembra congiurare per tenerlo ai margini. Marco Pannella al terzo congresso "italiano", appena archiviato, del suo Partito radicale "transnazionale e transpartitico", non si è negato a critiche e contestazioni. Ma ha riallacciato il contatto, che sembrava perduto, con Craxi, che è andato ad ascoltarlo per due ore, affabile e compiaciuto, nel salone dell'hotel Ergife. E ha gettato un nuovo ponte verso il Pds di Occhetto. Nelle stesse ore, i segretari dei due maggiori partiti della sinistra, a sorpresa, producevano addirittura un documento comune sulla guerra del Golfo. Va bene che, come ha detto Craxi, "la politica è movimento", ma tanti disgeli in poche ore hanno colpito un po' tutti. Profumo di grandi manovre, iniziative improvvise e spiazzanti, altrettanto improvvisi rovesciamenti di fronte. A qualcuno è tornata in mente la vecchia Unione Goliardica Italiana, scuola di polit

ica, e forse anche di vita, negli anni '50 e '60, di tanta parte della sinistra italiana.

- Sopratutto lei, ma anche Craxi e Occhetto: tre "ugini" di lusso. E tutti e tre in movimento. Cosa succede, Pannella, si ricomincia dall'Ugi?

"Per la verità c'è un quarto tra cotanto senno, il neopresidente del Pdsi, Stefano Rodotà, i cui quarti di nobilità "ugina", e tanto per indispettirlo aggiungo anche radicale, sono robustissimi. Ma senza il corrispettivo dei cattolici dei dell'Intesa e della Fuci, senza un accentuatissimo federalismo interno ed esterno, sarebbe un'Ugi nella quale noi radicali, e io in particolare, saremmo superflui. Un'Ugi di mero potere, come negli anni Sessanta, un non senso teorico ed una catastrofe politica".

- Lei ha prima sostenuto la svolta di Occhetto, poi ne ha criticato gli esiti. Cos'è per lei il Pds: un punto di arrivo del travaglio comunista o una stazione di passaggio verso nuove identità?

"Se il Pds costituisce una tappa, è una tappa di eccezionale importanza, straordinaria per tutti. Se è punto di arrivo, anche per un paio di anni, temo il disastro. Per questo stiamo lanciando con esponenti del Pds, dei club, liberali, repubblicani, federalisti europei, verdi, liberalsocialisti e socialisti liberali e, spero, ben presto, cattolico-liberali, l'appuntamento di una Costituente democratica entro la fine dell'anno".

- Sia sincero: quanto è realistico questo appuntamento?

"Il Pci ha fatto la sua parte, gli altri, che pure già nell'89 annunciarono la fine dei loro partiti proprio in questa prospettiva, devono riprendere coraggio e responsabilità. Se non li trovano, occorre trovarli per loro. E' molto probabile e poco possibile che ce la facciano. Ma bisogna giocare il possibile contro il probabile...".

- E' finito il tempo del grande freddo tra Marco e Bettino?

"Non c'è stato nessun grande freddo, ma gravi divergenze che non hanno intaccato il rapporto personale. Occorre riprendere il cammino interrotto nel 1987, quando Craxi preferì un governicchio di attesa alla battaglia per un eptapartito aperto al Pci. Non sfruttando la vittoria elettorale e la sconfitta di De Mita, spoliticizzando lo schieramento referendario sul nucleare e la "giustizia giusta", abbandonando una prospettiva di riforma elettorale "anglosassone" che stavamo maturando insieme".

- E pensa che Craxi voglia riprenderlo, questo cammino, magari in nome dell'alternativa?

"Mi lasci continuare. Occorre anche rilanciare una politica estera radicalmente federalista europea, democratica, di riforma dell'Onu rapida e radicale. E scrutare con onestà intellettuale il regime proibizionista e le sue leggi in materia di droga, criminalità e armi. Ma il Psi deve anche poter constatare che questa ripresa corrisponderebbe alla maturazione di una vera alternativa vincente. Solo il successo della costituente democratica potrebbe consentirglielo".

- Torniamo all'incontro Craxi-Occhetto. Che giudizio si è fatto della loro nota congiunta sulla guerra nel Golfo?

"Che non bisogna mai volare troppo basso, né con un tornado né con la politica. Anche se sembrerebbe il miglior modo per volare insieme. O far intendere che si potrebbe farlo".

- Pannella, come mai, anche nei suoi discorsi in congresso, tanta polemica contro il pacifismo?

"Perché i giovani sappiano, i vecchi ricordino e si cessi di ingannarli: il pacifismo in questo secolo ha prodotto effetti catastrofici, convergenti con quelli del nazismo e del comunismo. Se il comunismo e il nazismo sono messi al bando, il pacifismo merita di accompagnarli".

- E il disarmismo, l'antimilitarismo, la non violenza.

"Non sono omologabili al pacifismo. La linea che da Gandhi a Bertrand Russell, da Luther King a Capitini, deve organizzarsi finalmente nel mondo. Il Partito radicale questo progetta e comincia ad attuare, in Italia e nel mondo. E' impresa ragionevole. Lasciarsi sconfiggere è la follia".

- Resta il fatto che, con la guerra, l'idea stessa di non violenza è stata sconfitta...

"No, e nemmeno la forza politica non violenta, visto che non è mai esistito in modo organizzato con una strategia politica dell'oggi per l'oggi. Non violenza e democrazia politica devono vivere quasi come sinonimi. Da un secolo non vi sono guerre tra democrazie, diritto e libertà sono la prima garanzia. E il pacifismo storico, nei fatti, lo ha sempre ignorato".

- La lotta alla partitocrazia è un suo antico cavallo di battaglia. Ma la sua proposta di Costituente democratica, per una riforma elettorale di tipo anglosassone, si rivolge in primo luogo ai partiti... Non teme che, con tutta la loro rozzezza, rischino di risultare più comprensibili le leghe? Che il Bossi di turno possa saltar su e dire che Pannella in questa classe politica "partitocratica" ci sta come il topo nel formaggio?

"Come abbiamo fatto con le nostre campagne referendarie e non violente da due decenni e più, noi ci rivolgiamo anzitutto alla gente. Ma in tutti i partiti ci sono quelli che, come noi, hanno appreso la lezione. Una riforma elettorale di tipo anglosassone instaurerebbe di necessità una soluzione bipartitica o tripartitica. Invece qui vogliamo una riforma per instaurare un sistema bipolare o tripolare, che servirebbe solo a moltiplicare il parastato partitocratico. Mi auguro che Craxi e Occhetto riescano a rifletterci su, senza pregiudizi. Capirebbero che solo per la via da noi indicata si può determinare uno spostamento di oltre il cinquanta per cento dell'elettorato".

- Le avevo chiesto di Bossi e delle Leghe...

"Non sono, come dice lei, più "comprensibili" della "politica ufficiale" bugiarda, corrotta ed impotente. Esprimono la rabbia della gente, l'altra faccia della rassegnazione. In entrambi i casi vince il potere. Noi, invece, siamo stati i primi a gridare: non proteste, ma proposte".

- Si pensa male sospettando che alle prossime elezioni possiate tornare a presentarvi con le vostre liste e il vostro simbolo?

"Sì, si pensa male. Noi siamo la riforma, siamo riformati. Dalle valli valdesi, dal vecchio e nobile Pr vorremmo muovere verso il mondo, non scendere a Roma. Spero che una volta o l'altra mi si consentirà di parlarne".

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