Gli Stati Uniti ancora oggi non chiedono scusa per Hiroshima e Nagasaki
Gli Stati Uniti non hanno mai chiesto ufficialmente scusa per il bombardamento atomico di Hiroshima. Nel corso degli anni, alcuni esponenti di alto livello, come il segretario di Stato John Kerry e il presidente Barack Obama durante la sua storica visita a Hiroshima, hanno espresso dolore e rispetto per le vittime, ma hanno chiarito che non ci saranno scuse formali da parte del governo USA per l'uso della bomba atomica. Questa posizione è giustificata principalmente con il motivo che l'azione fu ritenuta necessaria per porre fine alla Seconda guerra mondiale e evitare ulteriori perdite di vite, sia americane sia giapponesi, in una possibile invasione del Giappone. Inoltre, si evita di chiedere scuse ufficiali perché ciò potrebbe implicare una richiesta di risarcimenti e ammissione di colpevolezza, cosa che gli Stati Uniti non vogliono assumere.
E' bene chiarire che Hiroshima non fu necessaria.
Fu presentata al mondo come un “male minore”, come una scelta tragica ma inevitabile per porre fine alla Seconda guerra mondiale e “salvare vite”. Ma questa è una narrazione costruita a posteriori, smentita da numerose fonti storiche.
Nel 1945 il Giappone era già in ginocchio. Bloccato via mare, devastato dai bombardamenti convenzionali, affamato e isolato diplomaticamente. Alti ufficiali americani – tra cui Eisenhower – giudicarono la bomba inutile e moralmente inaccettabile. Il generale Dwight Eisenhower, futuro presidente degli Stati Uniti, scrisse che non era necessario colpirli con armi atomiche per farli arrendere in quanto erano già pronti ad arrendersi.
Il Giappone, secondo molti storici, era pronto ad accettare la resa condizionata che preservasse l’imperatore – una condizione che poi fu comunque concessa dopo le bombe.
Quindi perché sganciarle?
Secondo lo storico Gar Alperovitz (1) e molti altri, la vera ragione fu politica: dimostrare la potenza statunitense all’URSS nel mondo postbellico. Hiroshima e Nagasaki furono un tragico messaggio nucleare, non solo un’azione militare.
Accettare questa verità storica significa rifiutare la logica del “sacrificio necessario”.
In sostanza, Alperovitz sostiene che la bomba serviva a influenzare la geopolitica del dopoguerra più che a fermare la guerra direttamente, dato che gli Stati Uniti temevano che l'URSS potesse acquisire maggiori territori e influenza in Asia. Questo punto di vista mette in luce una narrazione diversa da quella ufficiale statunitense che giustificava il bombardamento come mezzo necessario per risparmiare vite militari americane e accelerare la resa giapponese.
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