Emissioni dell’Ilva, l’Italia finisce nel mirino di Bruxelles
Sanzioni causa inquinamento. Ecco cosa rischia l’Italia a causa dell’Ilva di Taranto. L’inquinamento prodotto dall’Ilva, e anche l’eventuale mancanza di certificazioni da produrre entro il 31 marzo, potrebbero portare alla sanzione dell’Unione europea nei confronti dell’Italia. Lo ribadisce il commissario all’Ambiente dell’Ue, Stavros Dimas, in risposta a un’interrogazione degli eurodeputati Marcello Vernola (Ppe) e Adriana Poli Bortone (Uen), interrogazione di metà gennaio.
Per Vernola si trattava, in realtà, del secondo intervento del genere in quanto già a giugno 2007 propose un’inter rogazione sullo stesso argomento. Dimas, il 28 marzo, ha risposto a Vernola-Poli Bortone che chiedevano (nella loro interrogazione intitolata «Persistenti violazioni ambientali dello stabilimento Ilva») quali sanzioni si potessero applicare nei confronti dell’Italia e dell’Ilva secondo il principio «chi inquina paga».
Ed ecco cosa ha detto, il commissario europeo all’Ambiente: «La Commissione è stata di recente informata circa una nube chimica sprigionatasi dall’impianto Ilva di Taranto. Date le preoccupazioni suscitate dalle condizioni di funzionamento di questo impianto e dai livelli di emissioni provenienti dallo stesso, la Commissione ha chiesto alle autorità italiane di indicare quali misure sono state o saranno adottate» per soddisfare i requisiti della direttiva sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (direttiva Ippc) nell’impianto siderurgico tarantino.
«La Commissione - evidenzia Dimas - ha ricevuto le risposte dell’assessorato regionale all’Ecologia della Regione Puglia e del ministero italiano dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Entrambe le risposte oltre a confermare il fatto che l’impianto rientra nel campo di applicazione della direttiva Ippc, affermano che tuttavia tale impianto non detiene un’autorizzazione rilasciata in conformità a quanto disposto dalla direttiva. La Commissione sta attualmente vagliando le informazioni ricevute dalle autorità italiane».
A proposito delle autorizzazioni conformi alla direttiva europea, c'è tempo fino al 31 marzo per ottenerle: ma l’Ilva le ha? «L'Italia ha adottato il decreto-legge 30 ottobre 2007, n.180, che differisce il termine per l’attuazione della direttiva Ippc per quanto concerne il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale e fissa al 31 marzo 2008 il termine entro il quale gli impianti già in esercizio devono conformarsi alle disposizioni della direttiva Ippc - rammenta Dimas -. Se dal vaglio delle informazioni dovesse emergere una mancata conformità alle disposizioni della direttiva, la Commissione adotterà senz'indugio tutte le misure necessarie, avviando, se del caso, le debite procedure d’infrazione».
Marcello Vernola, componente della commissione Ambiente del Parlamento europeo, commenta: «L'Ilva si deve mettere immediatamente in regola. È una grande azienda, i livelli occupazionali vanno salvaguardati, ma se non si mette in regola sarà l’Unione europea, alla fine, a chiederne la chiusura. Vogliamo arrivare a questo? La Regione e lo Stato, dal canto loro, svolgano in maniera altrettanto immediata le funzioni di controllo perché il rispetto delle norme sia garantito.
Il siderurgico di Taranto inquina a livelli insopportabili. Attualmente è un ecomostro dei peggiori in Europa, se non al mondo. Mi sto battendo e mi batterò con tutta la forza che mi è possibile perché finisca la devastazione ambientale prodotta da quegli altiforni. La diossina che oggi è al centro dell’attenzione pubblica per il caso della mozzarella di bufala, è padrona dell’aria di Taranto».
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