Taranto Futura: ecco le ragioni alla base del refererendum
«Il referendum proposto da “Taranto Futura, riguardante la chiusura totale o parziale dell’Ilva, si basa su una condizione essenziale: la tutela dell’occupazione. Per smantellare gli impianti e bonificare l’area ci vogliono 30-40 anni, con piena garanzia dell’occupazione che il Governo e la Comunità Europea dovranno assicurare».
L’avv. Nicola Russo, coordinatore del Comitato referendario, risponde così alle
dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi dai sindacalisti Rocco Palombella (Uilm), Aldo Pugliese (Uil), Giuseppe Lazzaro (Fim-Cisl) e da alcuni esponenti politici. L’avv. Russo ricorda che nel 1994, con decreto legge del 20 giugno n. 396, poi convertito con la legge n. 481/1994, vennero stanziati numerosi miliardi per “incentivare la soppressione di capacità produttiva nel settore siderurgico, con conseguenti contributi aggiuntivi da destinare ad investimenti da realizzare in settori produttivi diversi da quelli inerenti la produzione dell’acciaio, e ciò per il recupero delle forze lavorative impiegate negli impianti distrutti”.
Aggiunge l’avv. Russo: «A Genova gli operai Ilva stanno bonificando quella che un tempo era l’area industriale. In quel luogo probabilmente sorgerà il più grande ospedale della Liguria ovvero il cosiddetto “Ospedale del Ponente». Il Comitato auspica, infine, l’apertura di un dibattito pubblico sulla questione del referendum».
«Il referendum per la chiusura dell’Ilva? Un’utopia. Occorre trovare una via di mezzo tra utopia e realtà». Adriana Poli Bortone, da 30 anni in prima linea nell’agone politico (negli anni ’80 è stata segretario provinciale dell’allora Movimento sociale di Almirante a Lecce, per poi salire tanti gradini per arrivare a Palazzo Madama, diventando nel frattempo anche sindaco del capoluogo salentino), è salita (in termini geografici) a Taranto per presentare la sua idea di “Cantieri Puglia”.
«Per la Puglia il federalismoè una sfida che ci deve vedere protagonisti, perché può e deve essere protagonista, soprattutto per quanto riguarda i temi dell’ambiente e dello sviluppo. E questo vale soprattutto per Taranto. Per questo parlavo di una via di mezzo tra utopia e realtà, visto che mi aveva fatto una domanda specifica sul referendum proposto sulla chiusura, parziale o totale dello stabilimento siderurgico».
Parliamo ovviamente dell’Ilva di patron Riva, che si sta ancora leccando le ferite
provocate dalla “figuraccia” (chiamiamola così) nazionale ricevuta, non dalle televisioni locali, ma dalla ormai arcinota trasmissione di La7 firmata Malpelo. Ma la Poli Bortone guarda oltre. E infatti, anche per Taranto, vuole una “squadra” in grado di raccogliere le idee migliori per far uscire il territorio: «una fucina di proposte, un vero e proprio laboratorio che sia in grado di elaborare e di presentare proposte serie che permettano di non mandare a casa anni di lavoro e di esperienza.
Per questo – continua la Poli Bortone – credo che il referendum rappresenti solo
uno spreco di denaro. Occorrono proposte praticabili, per una riconversione produttiva che dimostri come non solo Taranto, ma l’intera regione Puglia, possa diventare un punto di riferimento (positivo) per le capacità e le potenzialità».
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