Ilva, i periti ai giudici: «A Taranto è ormai emergenza sanitaria»
Interventi urgenti per porre fine all’emergenza sanitaria.
E grande, grande, impressione per l’incidenza di malattie tra i bambini. È attorno alle 20, dopo una giornata iniziata con il corteo - pagato dall’azienda - di ottomila lavoratori dell’Ilva che, nell’aula al piano terra di Palazzo di Giustizia, i tre esperti nominati dal gip Patrizia Todisco nell’ambito dell’incidente probatorio chiesto dalla Procura sulle emissioni dello stabilimento siderurgico Ilva, rispondono alle ultime domande della camera di consiglio, quelle poste proprio dal giudice.
La dottoressa Todisco chiede se a Taranto c’è una emergenza sanitaria; qual è il dato che più fa impressione; e cosa si può fare nell’immediato. Le risposte del professor Annibale Biggeri, docente ordinario all'università di Firenze e direttore del centro per lo studio e la prevenzione oncologica, della professoressa Maria Triassi, direttore di struttura complessa dell’area funzionale di igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro ed epidemiologia applicata dell’azienda ospedaliera universitaria «Federico II» di Napoli, e del dottor Francesco Forastiere, direttore del dipartimento di Epidemiologia, Asl Roma, non lasciano spazio a interpretazioni di sorta, almeno stando a quello che filtra all’esterno.
Sull’emergenza sanitaria, la risposta è netta, è sì. Il dato che colpisce sono le malattie infantili, l’incidenza che l’inquinamento ha sulla salute dei bambini tarantini. Mentre sugli interventi immediati, i periti non producono consigli tecnici sulla tipologia degli stessi, ma sottolineano che una riduzione delle emissioni produrrebbe benefici rapidi sulle malattie cardiovascolari e col tempo anche sui tumori che hanno una latenza più lunga.
Non è stata una udienza facile, quella di ieri. Nelle quasi cinque ore di camera di consiglio, accusa (il procuratore capo Franco Sebastio, l’aggiunto Pietro Argentino, il sostituto Mariano Buccoliero) e difesa (con gli avvocati Francesco Mucciarelli, Egidio Albanese, Adriano Raffaelli, Tullio Padovani, Francesco Perli e Cesare Mattesi) si sono dati battaglia, sotto lo sguardo vigile e con gli interventi delle parti lese (con in testa la Regione Puglia, rappresentata dall’assessore all’ambiente Lorenzo Nicastro e dal direttore dell’Arpa Giorgio Assennato, poi Provincia e Comune di Taranto oltre a nove allevatori costretti a vedersi abbattere i propri capi di bestiame, infetti dalla diossina).
Disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico sono i reati per i quali sono indagati Emilio Riva, 84 anni, presidente dell’Ilva spa sino al 19 maggio 2010, Nicola Riva, 52 anni, presidente dell’Ilva dal 20 maggio 2010, Luigi Capogrosso, 55 anni, direttore dello stabilimento Ilva, Ivan Di Maggio, 41 anni, dirigente capo area del reparto cokerie, Angelo Cavallo, 42 anni, capo area del reparto Agglomerato.
I difensori dell’Ilva hanno dato battaglia, in particolare, sugli ulteriori documenti presentati da periti e Procura, atti accolti dal gip Patrizia Todisco che ha dichiarato chiuso l’incidente probatorio e rimandato tutto il fascicolo alla Procura. La scelta di chiedere l’incidente probatorio fu fatta da un lato per garantire a tutte le parti - iniziando dall’Ilva stessa - di partecipare alle perizia sulle emissioni del siderurgico, e dall’altro con la consapevolezza che sarebbe stato messo definitivamente un punto fermo sull’inquinamento a Taranto.
Inquinamento non più perseguito con il getto pericoloso di cose che ha permesso sinora ai responsabili del siderurgico - passati e presenti - di cavarsela senza conseguenze penali apprezzabili, ma con la rubricazione di reati (disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico) ben più pesanti.
Con le carte nuovamente tra le mani, i pubblici ministeri sono chiamati a rassegnare le proprie conclusioni sia in ordine a provvedimenti cautelari - stante i reati di pericolo ipotizzati e la permanenza degli stessi autorevolmente certificata dalle oltre 800 pagine delle due perizie depositate nella cancelleria del gip - che alla chiusura delle indagini preliminari.
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