Al voto mentre l’Ilva si spegne cadendo a pezzi
E intanto la fabbrica di Taranto sembra venire giù un pezzo dopo l’altro: dopo il crollo di due carri siluro nel reparto di Acciaieria 2 lo scorso 5 settembre, due giorni fa un nastro trasportatore è caduto nel reparto Agglomerato a causa del cedimento di una delle strutture di sostegno. Nessun ferito, fortunatamente, ma tra gli operai l’esasperazione è ormai al limite.
Ai circa 4mila (su 8mila) lavoratori diretti già in cassa integrazione, se ne aggiungeranno da domani altri per la chiusura di tre reparti: “Saranno all’incirca un migliaio – spiega al Fatto Francesco Brigati della Fiom – ma non abbiamo un numero esatto perché l’azienda ha chiuso tutte le relazioni con i sindacati e quindi lo abbiamo scoperto direttamente dai colleghi dei vari reparti”.
In fabbrica, quindi, il numero di operai presenti è ormai ridotto al minimo storico con gravi rischi per la sicurezza in alcuni impianti. I sindacati metalmeccanici Fiom, Fim, Uilm e Usb hanno informato il Prefetto e la procura di Taranto che l’ulteriori riduzioni di presenze sugli impianti determinerà “un elevato rischio di incidente con serie ripercussioni per i lavoratori”.
Nei reparti gli addetti sono ridotti all’osso: le manutenzioni si fermeranno generando nuove condizioni di insicurezza. I sindacati si scagliano contro il governo che resta in silenzio e annunciano battaglia: domani saranno decise le azioni da intraprendere senza escludere quelle clamorose. “Il governo intervenga immediatamente o sarà caos totale” hanno annunciato i metalmeccanici.
A 8 anni di distanza dal sequestro degli impianti e da quell’agosto infuocato del 2012 la situazione appare persino più grave. “Arcelor Mittal – scrivono Fim Fiom Uilm e Usb – mette a serio rischio la salvaguardia degli stessi impianti del siderurgico con conseguenze irreparabili ma, soprattutto, l’incolumità di chi ci lavora”.
Venerdì scorso, con una telefonata, l’azienda ha informato i lavoratori che si è svuotato il portafoglio ordini e quindi altri reparti dovranno fermarsi, tra cui i laminatoi a freddo: per tutti è solo l’ennesima presa in giro, una notizia evidentemente già in possesso di Arcelor da tempo è stata utilizzata in modo strumentale per alzare ancora il livello dello scontro.
La percezione è che l’amministratore delegato Lucia Morselli stia continuando a preparare il terreno per garantire una fuga da Taranto alla multinazionale dell’acciaio. L’ipotesi che la manager possa restare al timone della società anche dopo l’ingresso dello Stato è considerato da molti il rischio peggiore per il futuro dell’acciaio italiano.
Lei che nel giro di qualche mese ha parlato degli impianti ionici definendoli prima “criminali” e poi “i più belli d’Europa” è diventata nell’immaginario collettivo il volto più rappresentativo dell’inaffidabilità dei nuovi padroni.
Non vedono un futuro anche le ditte dell’indotto: a fronte di 40 milioni di fatture scadute, Mittal ha annunciato di aver provveduto al pagamento di 15 milioni. A novembre, secondo l’ultimo accordo col governo italiano, l’azienda potrà lasciare lo stabilimento pagando una penale di mezzo miliardo: a soli due mesi da quella finestra, tutto lascia ipotizzare che l’uscita degli indiani sia cosa fatta.
Un intero territorio è ripiombato nell’incertezza e in pochi mesi tre operai in cassa integrazione si sono tolti la vita. Da più parti spiegano però che non era il lavoro l’unico problema di quegli uomini, ma tutti sono concordi nell’affermare che la precarietà del futuro non ha certo migliorato la loro condizione.
Articoli correlati
- Il 22 maggio manifestazione in piazza contro il dissequestro degli impianti siderurgici
ILVA: la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo dà nuovamente ragione ai cittadini
Le quattro condanne di oggi verso l'Italia sono la plastica evidenziazione di tutte le inadempienze dei governi che si sono succeduti. Le quattro condanne di oggi della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) confermano Taranto come "zona di sacrificio" dei diritti umani.5 maggio 2022 - Associazione PeaceLink - Dichiarazioni forti in materia di diritti
Ex Ilva: Tar Lecce, superato diritto compressione salute
Il Presidente del Tar di Lecce, Antonia Pasca, ha parlato dell'Ilva all'inaugurazione dell’anno giudiziario. Nel 2021 il Tar confermò invece l’ordinanza di chiusura dell'area a caldo del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. - Raffronto fra la mortalità dei quartieri più inquinanti di Taranto e la mortalità regionale
Eccessi di mortalità nei tre quartieri di Taranto più vicini all'area industriale
Dal 2011 al 2019 in totale vi sono 1075 morti in eccesso di cui 803 statisticamente significativi.
L'eccesso di mortalità medio annuo è di 119 morti di cui 89 statisticamente significativi.
L'intervallo di confidenza considerato è del 90%.13 maggio 2021 - Redazione PeaceLink - Rapporto “The right to a clean, healthy and sustainable environment: non-toxic environment”
ONU: "Taranto zona di sacrificio, una macchia sulla coscienza collettiva dell'umanità"
L'ONU scrive: "Le zone di sacrificio spesso sono create dalla collusione di Governi e imprese. L'acciaieria Ilva di Taranto, in Italia, da decenni compromette la salute delle persone e viola i diritti umani".18 febbraio 2022 - Comitato Cittadino per la Salute e l'Ambiente a Taranto
Sociale.network