Taranto – Nuovo allarme diossina
TARANTO – I livelli di diossina del camino E312 dell’impianto di agglomerazione dell’Ilva di Taranto sono quasi raddoppiati dal mese di giugno dello scorso anno. Le indagini, condotte dall’Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente) Puglia in collaborazione con il Consorzio Interuniversitario Chimica per l’Ambiente (Inca) durante la campagna di monitoraggio, hanno permesso di accertare emissioni di diossina più alte rispetto agli standard europei (0,4 nanogrammi per metro cubo di emissioni dal camino).
Le emissioni di diossine (Pcdd e Pcdf) rilevate nel febbraio del 2008 sono state di 7 nanogrammi per metro cubo d’aria, mentre erano state rispettivamente di 2,4 il 12 giugno 2007, 4,3 il 14 giugno 2007 e 4,9 nanogrammi a metro cubo il 16 giugno 2007.
I dati, calcolati sulla base dell’indice di tossicità equivalente, sono stati resi noti oggi dal direttore regionale dell’Arpa, Giorgio Assennato, nel corso di un incontro con i giornalisti, cui hanno partecipato il presidente della Provincia Gianni Florido e il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano. Intanto, l’Arpa Puglia ha organizzato per il 9 maggio, presso la sala Olmo della Fiera del Levante di Bari, un convegno sulle problematiche ambientali di Taranto e le possibili strategie da adottare.
Ilva: impegno per abbattere emissioni
L'Ilva di Taranto, in merito ai dati sulle emissioni di diossina del camino E312 dell’impianto di agglomerazione resi pubblici dall’Arpa lo scorso 19 marzo, conferma che, pur nel rispetto dei limiti della legge nazionale ed in assenza di limiti fissati dalla normativa europea, stanno proseguendo le attività di sperimentazione per ottenere una significativa riduzione delle attuali concentrazioni di diossina emesse dal camino stesso. L’entità della riduzione delle emissioni – conseguibile grazie all’utilizzo di additivi quali l’urea – sarà possibile definirla a conclusione della campagna di monitoraggio prevista per la fine di questo mese. Successivamente, ed entro la fine del 2009, sarà realizzato l'impianto di additivazione dell’urea alla miscela di agglomerazione.
GLI ALIMENTI, soprattutto quelli lattiero-caseari ma anche la carne, il pesce e i frutti di mare rappresentano oltre il 90% dei veicoli di contaminazione da diossina. Lo rende noto uno studio realizzato dalla Fao, l'ente dell'Onu che si occupa di alimenti ed agricoltura, che si conclude esortando i Paesi a fare maggiori sforzi per ridurre l'esposizione minima delle popolazioni a questo sottoprodotto della combustione della plastica.
Lo studio "Diossine nella catena alimentare: la prevenzione e il controllo della contaminazione", diffuso pochi giorni fa, indaga i rischi e le conseguenze dell'esposizione alla diossina. Dei 419 tipi di composti diossina-correlati identificati, lo studio chiarisce che 30 hanno una tossicità significativa e preoccupante. La più pericolosa risulta la TCDD.
Sono inquinanti persistenti, che resistono alla degradazione fisico-chimica e biologica e rimangono nell'ambiente per lunghi periodi di tempo. Entrati negli organismi biologici, compresi gli esseri umani, si accumulano nei tessuti grassi.
"Particolare attenzione deve essere prestata", spiega Daniela Battaglia, esperta Fao di produzione animale, "alle ripercussioni sui neonati attraverso il latte materno perché sono molto più vulnerabili all'azione della diossina".
Lo studio Fao sottolinea che le diossine, oltre ad essere cancerogene, causano una grande varietà di effetti tossici per le persone e per gli animali. I sistemi endocrino, riproduttivo e dello sviluppo sono tra i più vulnerabili alla diossina. L'esposizione causa patologie del fegato, della milza, del timo, del sistema endocrino, lesioni cutanee e, in casi estremi, la morte. Gli effetti sulla salute possono essere osservati anni dopo l'iniziale esposizione.
Quanto al potenziale cancerogeno, il rischio è stato osservato per tutti i tumori, senza alcuna specifica di cancro predominante.
Le diossine sono sottoprodotti indesiderati della produzione di sostanze chimiche e dei processi di combustione. "I principali imputati", si legge nel documento, "sono gli inceneritori di rifiuti solidi urbani e di altri tipi di rifiuti. Il suolo viene contaminato dai fumi liberati nell'aria. In questo modo la diossina raggiunge gli esseri umani direttamente e indirettamente, dopo aver contaminato acque reflue, i fanghi di terreni agricoli e i pascoli. A causa della onnipresenza di diossine nell'ambiente, tutte le persone sono sottoposte ad un'esposizione di un certo livello di diossine. Di qui la raccomandazione a diminuire le fonti di diossina.
Fonte: Repubblica del 1 Maggio 2008
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