L´Ilva e l´affare del pet coke
Arrivava dalla Lousiana, Stati Uniti. E dicono gli esperti che poteva fare molto male. E´ strana la storia del pet coke di Taranto, il carbone prodotto dagli scarti del petrolio che sabato è stato sequestrato dai Carabinieri del Noe di Lecce all´interno dell´Ilva. Quando sono entrati, lo hanno trovato all´interno dello stabilimento pronto a essere bruciato. Eppure non poteva essere lì. L´Ilva il 24 aprile scorso aveva presentato una richiesta al ministero dell´Ambiente per utilizzare una parte di pet coke in luogo del tradizionale carbon fossile. Lo avevano fatto in una sede anomala, la riunione per la nuova autorizzazione ambientale che l´Ilva aspetta. E soprattutto lo avevano fatto in una seduta alla quale non erano stati convocati né la regione né tantomeno l´Arpa.
Nella domanda l´Ilva chiedeva ai ministeri di poter acquisire, trasportare e stoccare il materiale. Così come hanno fatto sabato. Il problema però è che quella autorizzazione non l´avevano ancora avuta: il ministero aveva infatti chiesto tempo prima di dare una risposta, sostenendo infatti che per il momento mancavano una serie di autorizzazioni per l´utilizzazione della sostanza.
Intanto però l´Ilva evidentemente l´affare lo aveva fatto, facendo arrivare il pet coke (che è materiale di scarto delle raffinerie) dalla Louisiana. Ma perché tanti problemi? «La combustione del pet coke - spiega il direttore dell´Arpa, Giorgio Assennato - può provocare un´emissione importante di idrocarburi policiclici aromatici, sostanze pericolosissime perché altamente cancerogene. Ha poi valori alti di zolfo, nichel e altri metalli. Certamente si tratta di una sostanza molto più tossica rispetto al normale carbon fossile».
A lanciare l´allarme pet coke nei mesi scorsi era stato poi lo stesso sindaco Ezio Stefano, in una lettera aperta all´Arpa e alla magistratura nella quale chiedeva maggiori informazioni sulla movimentazione del materiale tra l´azienda e il porto di Taranto. «C´è un allarmante via vai di camion» denunciava il sindaco. Da lì era nata una indagine della magistratura che si basava anche da un´indagine fiscale: furono prima sequestrare seimila tonnellate, poi a gennaio altre 7mila. «Si facciano tutte le verifiche del caso» denunciano da Peacelink. «Abbiamo la massima fiducia nella magistratura» rispondono dall´Ilva.
Articoli correlati
- Appello alle istituzioni locali
Non firmate l'ennesima condanna per Taranto!
Il 23 giugno settantasette associazioni della provincia di Taranto e della Basilicata hanno inviato un appello accorato al neo presidente della provincia jonica, al neo sindaco del capoluogo e al sindaco di Statte per chiedere di essere coraggiosi in questo momento delicato della vicenda ILVA23 giugno 2025 - La questione del Parere Istruttorio Conclusivo e della partecipazione al processo decisionale
Legambiente e PeaceLink: negato l'accesso alle prescrizioni sull'inquinamento siderurgico
Ricorso alla Commissione Europea per violazione della parità di trattamento nel procedimento di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) relativo allo stabilimento ex ILVA di Taranto. Le reazioni del Sindaco di Taranto, della Commissione Europea e del Ministro Urso12 giugno 2025 - Redazione PeaceLink - Appuntamento per il prossimo 14 giugno
Teatro e denuncia: a Friburgo va in scena la tragedia ambientale di Taranto
Questo evento, che unisce arte, memoria e impegno ecopolitico, rappresenta un’occasione unica per portare in Europa la voce di Taranto e denunciare la tragedia ambientale che da decenni segna il destino della città.10 giugno 2025 - Alessandro Marescotti - Incidente del 7 maggio all'ILVA
PeaceLink: "Sostegno a magistratura Taranto, ha agito con tempestività e trasparenza"
"La chiarezza e la fermezza con cui la Procura ha risposto alle accuse dell'azienda e del ministro Adolfo Urso dimostrano ancora una volta la professionalità e il senso di responsabilità che animano l'operato dei magistrati"Adnkronos
Sociale.network