Vendola, battaglia sui veleni dell'Ilva: "Bloccheremo l'impianto"
TARANTO - Sul loro tavolo c'era il futuro del più grande stabilimento siderurgico d'Europa, l'Ilva di Taranto. E la salute di centinaia di migliaia di cittadini. Avrebbero dovuto decidere, infatti, se concedere o meno alla fabbrica l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia), una carta necessaria per la prosecuzione dell'attività. Invece, non decideranno nulla. Il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, li ha rimossi: al loro posto ha nominato tecnici di sua fiducia. "Una decapitazione del sapere tecnico-scientifico che dà forte ragione di inquietudine" attacca il presidente della Regione, Nichi Vendola.
Che a questo punto ha deciso di fare da solo: nelle prossime settimane il governatore presenterà infatti al consiglio regionale una legge che imporrà all'Ilva, così come a tutte le altre aziende che producono in Puglia, la riduzione delle emissioni inquinanti. "Stabiliremo un cronoprogramma: più passa il tempo - dice Vendola - e più dovranno tagliare. Altrimenti saremo costretti a farli chiudere".
La decapitazione ministeriale dei tecnici è stata scoperta dai pugliesi il 15 ottobre. "Convocati a Roma ci siamo trovati davanti il nuovo presidente del nucleo di coordinamento scelto dal ministro Prestigiacomo - spiega l'assessore all'Ambiente, Michele Losappio - Stranamente, più volte e con grande enfasi, ha voluto sottolineare come le emissioni dell'Ilva siano tutte nei limiti dell'attuale normativa nazionale". "Per la prima volta poi - continua il direttore regionale dell'Arpa pugliese, il professor Giorgio Assennato - al tavolo c'erano anche i tecnici dell'azienda".
"Insomma l'aria sembra cambiata, almeno al ministero" dice invece Vendola, proprio lui che appena insediato aveva fatto proprio un piano industriale d'accordo con la famiglia Riva. L'Ilva effettivamente ha speso 300 milioni di euro per modernizzare gli impianti e ha dimostrato la possibilità di ridurre le emissioni. "Non ha mantenuto però molti degli impegni presi - continua il governatore pugliese - E soprattutto nel piano presentato al Ministero parla di riduzioni delle emissioni di diossina molto lontane rispetto alla nostra pretesa: indicano limiti tre volte superiori rispetto a quelli che noi chiediamo".
E’ lo sfogo dell’assessore comunale all’ambiente Sebastiano Romeo, il quale ricorda che già lo scorso 16 luglio, il Comune aveva consegnato al Comitato di Coordinamento - Accordo di programma area industriale di Taranto e Statte - una propria nota.
Nel documento si afferma che per il rilascio dell’Aia dovranno essere prese in considerazione le situazioni ambientali e sanitarie in cui versa la città altrimenti l’Amministrazione Comunale si vedrà costretta ad utilizzare i poteri ad essa conferiti dalla legge: 1) potrà impugnare l’Aia successivamente al suo rilascio (come previsto dal D.Lgs. n. 59/2005); 2) il Sindaco, in quanto massima autorità preposta alla tutela della salute pubblica, potrà richiedere tutte le misure necessarie alla salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini in base al Regio Decreto n. 1265/34, ripreso anche dal D.Lgs. n. 59/2005.
“Lo ribadisco ancora una volta: se le industrie vogliono sfruttare gli impianti siti nel nostro territorio devono attenersi scrupolosamente al rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini e accettare i limiti di emissione per la diossina previsti in altre parti d’Europa e d’Italia (Regione Friuli): 0,2-0,4 nanogrammi. Inoltre - aggiunge l’assessore Romeo - esprimo apprezzamento per la volontà manifestata dal governatore Nichi Vendola di presentare al Consiglio Regionale, nelle prossime settimane, una legge in grado di imporre la riduzione delle emissioni inquinanti all’Ilva e alle altre aziende che operano in Puglia”.
L’assessore, infine, rivolge un appello a tutte le autorità politiche ed istituzionali: “In questo momento di grande criticità ambientale, dobbiamo unire le nostre forze al fine di raggiungere i migliori risultati possibili per la salvaguardia del nostro territorio”.
Ecco perché la Regione Puglia ha già annunciato che se le carte in tavola non cambieranno, esprimerà parere negativo al rilascio dell'Aia. Ma il parere non è vincolante. Da qui la decisione di intraprendere la strada della legge regionale. "Qui si vuol far credere - spiega ancora il presidente pugliese - che in realtà non c'è niente da fare. Che o c'è la fabbrica con tutti i suoi veleni, o c'è una salubrità mentale assediata dalla disoccupazione. Ci si mette davanti all'opprimente aut aut che o si muore di cancro o si muore di fame. Invece investendo nelle tecnologie quelle riduzioni possono arrivare. In caso contrario, meglio una vita da povero che una morte sicura".
L'Ilva negli ultimi quattro anni ha prodotto utili per 2,5 miliardi. "E approfittando del vantaggio competitivo che deriva dal non avere i rigori normativi di altre aree d'Europa farà sempre più utili" dice Vendola. "In qualsiasi parte d'Europa, Slovenia esclusa, l'Ilva fosse stata, avrebbe dovuto chiudere o abbassare le emissioni" spiega il professor Assennato. "Soltanto in Italia esiste una legge con dei limiti così alti".
Il governo pugliese, in più riprese, ha chiesto di cambiare quella norma sia al governo di centrosinistra sia a quello di centrodestra. "Mai abbiamo avuto risposte. E ora mi trovo con i dirigenti cambiati, con Emilio Riva, il padrone dell'Ilva, come socio della Cai e sempre lui come principale beneficiario della processione anti Kyoto del governo Berlusconi. Io ho il dovere di mettere tutti gli interlocutori di fronte alle proprie responsabilità".
Questo scontro istituzionale arriva dopo un altro, violentissimo, avvenuto quest'estate. Per motivare la richiesta di diminuzione degli inquinanti, e in particolare del benzoapirene, l'Arpa pugliese aveva allegato una serie di analisi dell'Università di Bari. Soltanto da due anni, infatti, l'Agenzia regionale per l'ambiente sta monitorando l'Ilva.
Il direttore regiona le del ministero, Bruno Agricola, ha sostenuto che "le campagne effettuate non pos sono essere ritenute valide". I criteri di rilevamento, nel 2005 e nel 2006, non avrebbero rispettato quanto previsto da una legge del 2007. In sostanza, avrebbero dovuto prevedere il futuro.
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