La “benedizione ministeriale” a Ilva di Taranto non ci sarà
Il “Parere” della Commissione IPPC sull’AIA di Ilva Taranto va rifatto
"In relazione alle argomentazioni contenute nei predetti documenti (NdR: di Alta Marea del 15.12.2009, di ARPA Puglia del 23.12.2009 e di Ilva Taranto del 21.12.2009 e 7.1.2010) si rimette in istruttoria alla Commissione il suddetto parere, affinchè quest’ultima possa emanare il nuovo parere istruttorio che sarà successivamente inviato ai destinatari per la presentazione di eventuali osservazioni.”
E’ quanto ha scritto il Ministero dell’ambiente con nota protocollo n. ex DSA – 2010 – 0000011 del 12.1.2010, a firma del dr. Giuseppe Lo Presti, Dirigente Divisione VI-RIS – ex Direzione Salvaguardia Ambientale nonché Responsabile del procedimento, ed inviata ufficialmente anche ad ALTA MAREA presso la Sezione AIL di Taranto.
La mobilitazione civile e “tecnica” sta dando i suoi frutti
Quella del dr. Lo Presti è una saggia, inaspettata ma auspicata decisione che, tra l’altro, getta nuova luce sull’adeguatezza della Commissione IPPC. La mobilitazione civile e “tecnica” dei cittadini di Taranto e provincia sta dando i suoi frutti ed ha contribuito in maniera determinante alla inusuale decisione del Ministero che sconfessa l’operato della Commissione IPPC, fermamente voluta e nominata dal Ministro Prestigiacomo.
Ad Alta Marea, che rappresenta tale mobilitazione, viene riconosciuta la funzione di “destinatario” ed interlocutore del procedimento in corso, cioè titolato a presentare eventuali osservazioni sul nuovo parere istruttorio che sarà formulato dalla Commissione. In tale prospettiva, nella riunione del Comitato di coordinamento del 13 gennaio 2010, ALTA MAREA ribadirà i “punti irrinunciabili” da prescrivere con forza nella Autorizzazione Integrata Ambientale di Ilva Taranto.
Su tali “punti irrinunciabili” dovrà essere confermata la già manifestata condivisione di Regione, Provincia e Comuni di Taranto e Statte.
La strategia vincente
Operando in tal senso, e in continuità con l’azione iniziata ad agosto 2007 e portata avanti con tenacia e rigore tecnico da ambientalisti e società civile, sarà possibile che lo Stato ottenga dall’Ilva l’effettiva realizzazione della netta e sicura riduzione dell’inquinamento industriale prodotto dai suoi impianti. Dalle ultime “mosse” di Ilva (apertura al confronto con il “pubblico interessato” e adozione immediata di tecnologie che abbattano le emissioni di diossina al di sotto del limite di 0,4 TEQ ng/Nmc fino a poco fa dichiarato irraggiungibile a Taranto) ci sembra di capire che anche in “Casa Riva” qualcosa sia cambiata: ci auguriamo che anch’essi si convincano definitivamente che il muro contro muro non porta da nessuna parte e tanto meno alla salvezza dello stabilimento di Taranto, unanimemente riconosciuto “strategico” per l’Italia, non solo per il Gruppo Riva.
Per parte nostra, ripetiamo quello che diciamo da anni: “la sfida a tutela dell’ambiente e del lavoro” a Taranto può essere vinta solo con un grande progetto ed un piano pluriennale per l’uscita della città dallo stato di grave emergenza ambientale, piano condiviso e programmato in maniera cadenzata e verificabile da tutti gli interessati, come fu, ad esempio, quello impostato e realizzato anni fa per salvare Hamilton in Canada, allora la città siderurgica più inquinata del mondo. Progetto e piano elaborati, però, a quattro mani, tutte legittimate ad operare, senza prevaricazioni di sorta: lo Stato, i Riva, le Istituzioni regionali e locali ed il “pubblico interessato”.
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