Taranto Sociale

L'allarme diossina a Taranto «E' anche nel latte materno»

La conferma dall'analisi su tre donne: valori superiori di 30 volte Denuncia alla Procura. Ma non ci sarebbero rischi particolari. L'annuncio dato dal pediatra Pino Merico, fondatore dell'associazione «Bambini contro l'inquinamento»
9 aprile 2008
Cesare Bechis
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

- TARANTO — Taranto non si fa mancare niente. Dopo il sangue e il formaggio alla diossina, ecco il latte materno imbottito di policlorobifenili (pcb) e diossina in percentuali superiori di trenta volte alla dose tollerabile in base ai parametri dell'organizzazione mondiale della sanità.

E' un preoccupante salto di qualità verso una frontiera alla quale gli esperti guardavano con la quasi certezza di trovare conferma ai loro sospetti. L'annuncio l'ha dato ieri, durante un incontro con la stampa, il pediatra Pino Merico.

Il fondatore dell'associazione «Bambini contro l'inquinamento » era affiancato dal primario del reparto di neonatologia dell'ospedale tarantino, Enzo Vitacco.

Vendola: le imprese firmeranno
BARI — Forse domani, o forse venerdì. La data non è certa, ma la firma sì. È quella che sarà apposta sotto la stipula di un accordo di programma per sottoporre ad Aia (autorizzazione integrata ambientale) quattro aziende di Taranto. Si tratta di Ilva, Eni, Edison e Cementir. L'intesa riguarda vari ministeri (Ambiente, Salute, Interni, Sviluppo economico), la Regione, Provincia di Taranto, i Comuni di Taranto e Statte, l'Arpa e l'Apat (l'agenzia nazionale per l'ambiente).

La procedura di Aia consente di accostare tra loro le aziende e gli impianti di un determinato territorio (tutti autorizzati) per verificare che possano coesistere. O, detto in altri termini, serve ad indicare quale sia il livello produttivo e gestionale che consente alle aziende di coesistere senza procurare danni all'ambiente.

Ieri in Regione si è tenuta una riunione istruttoria, tra tutte le parti interessate, per mettere a punto il documento conclusivo. Diversi gli emendamenti proposti e accolti. Su tutti, spiccava la richiesta delle aziende di formalizzare il diritto ad essere ascoltate dall'autorità di coordinamento (una sorta di cabina di regia tra gli enti interessati). Altre richieste integrative sono arrivate dalla Provincia.

Tutte di natura procedurale e tutte accolte. Ciò nonostante, la firma dell'accordo è stata a rischio. La Provincia, per bocca dell'assessore Michele Conserva, ha chiesto una settimana di tempo per studiare il dossier e firmarlo. «Non c'è differenza - ha detto l'assessore al Corriere - tra chiudere in questa o nella prossima settimana. O forse una differenza c'è ed ha un sapore elettoralistico: il ministro dell'Ambiente vuole firmare prima delle elezioni». In serata, tuttavia, la defezione della Provincia è rientrata. L'assessore regionale Michele Losappio ha potuto annunciare che «è tutto pronto per l'accordo». È possibile che nel frattempo sia intervenuta la pressione della Regione sul presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido.
Ha sciorinato i dati relativi a tre donne tarantine che hanno risposto a un questionario per fornire un profilo femminile di riferimento e, volontariamente, si sono sottoposte a un prelievo di latte. Sono tutte mamme che allattano al seno i loro figli appena nati.

I campioni sono stati esaminati dal Consorzio interuniversitario Inca di Lecce e il responso non fa che dare ragione a quanti invitano ad accelerare i tempi perché le fonti produttrici di diossina e pcb siano dotate di tutti gli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia per ridurre le emissioni a limiti accettabili.

I valori complessivi rilevati dai laboratori leccesi sono di 26.19 (pcb e diossina) picogrammi per grammo di grasso (pari a un milionesimo di grammo) presente nel latte materno della donna di Crispiano, 29.40 nella mamma del quartiere Tamburi, a ridosso dello stabilimento siderurgico, e di 31.74 nella signora originaria di Lama ma abitante a Taranto da sette anni.

In altre parole, ha sottolineato Merico, ogni grammo di grasso del latte materno delle tre donne contiene queste quantità di «veleni». Di fronte a questa situazione il pediatra ha presentato un esposto alla procura della repubblica per la ricerca di eventuali responsabilità di natura penale.

L'assunzione dei veleni da inquinamento, hanno sostenuto Merico e Vitacco, avviene attraverso l'alimentazione. E le signore sono mangiatrici assidue carne e bevitrici di notevoli quantità di latte.

Nella loro dieta non manca il pesce. L'assorbimento della diossina è maggiore in presenza di elementi grassi e questo può spiegare percentuali così alte in un'alimentazione in cui i derivati del latte hanno una forte incidenza.

Il dato superiore di 25-30 volte al limite indicato dall'Oms è incontrovertibile. Rimane da vedere quale sia la provenienza dei prodotti caseari mangiati dalle tre donne sottoposte ai test.

Non è ancora stabilito se fossero tutti di produzione locale o provenienti da allevamenti tarantini, cioè a contatto con le emissioni inquinanti. In ogni caso i due dottori, Merico e Vitacco, hanno tranquillizzato le mamme che allattano.

«Nessun allarmismo - hanno spiegato - perché la probabile tossicità della diossina è annullata dai vantaggi del latte materno che rimane il miglior alimento per i neonati. Nella nostra provincia i bambini nascono sani, non si registra alcun aumento di malformazioni».

I risultati di laboratorio effettuati a Lecce confermano quanto già dimostrato da studi precedenti: nel latte materno c'è più diossina che nel latte di mucca. La diossina ad alte percentuali, quindi, c'è nell'aria di Taranto, nel latte di capra, nei formaggi.

Ora è stato evidenziato anche nel latte materno e se stava qui - ha detto il dottor Vitacco - era anche nel sangue della mamma ed è passato nel feto. Il rischio maggiore è il fenomeno dell'accumulo.

A Seveso il «follow up» dopo 25 anni dall'esplosione della Icmesa ha messo in evidenza una crescita di leucemie e linfomi.

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