Morte bianca all’Ilva, 7 indagati
Sono 7 gli indagati coinvolti nell'inchiesta sull'incidente del 18 aprile 2006 costato la vita ad Antonio Mingolla, 47enne di Mesagne, dipendente dell’azienda Cmt (Costruzioni metalliche tubolari), investito da una nube tossica mentre era mpegnato assieme ad altri suoi tre colleghi nella sostituzione di una valvola alla rete gas «Afo» in prossimità della centrale elettrica Cet1, all'interno dello stabilimenti siderurgico Ilva. Il pubblico ministero Italo Pesiri ha chiuso le indagini, ipotizzando il reato di concorso in omicidio colposo.
All'Ilva, intanto, sono rimati ustionati 4 operai la mattina del primo maggio durante la fase di colata dell'acciaio. L'incidente è avvenuto nel reparto Colata 1. Forse per una reazione chimica (ma non è escluso che un crostone sia staccato dalla siviera, cadendo nell’acciaio ad altissima temperatura), schizzi di liquido incandescente si sono riversati sui quattro lavoratori, il più grave dei quali guarirà in 15 giorni. Stamattina alle 7 si conclude lo sciopero di 36 ore indetto dai Fim, Fiom e Uilm nel
reparto in cui si è verificato l'incidente.
Gli avvisi di garanzia per la morte di Antonio Mingolla sono stati notificati a Canzio Bueloni, amministratore della ditta Cmt; Giorgio Arvigo, responsabile dell'unità operativa tarantina della ditta dell'appalto; Anfredo De Lucreziis, tecnico dell'area energia manutenzione meccanica dell'Ilva; Antonio Assennato, capo cantiere della ditta Cmt; Piero Mantovani, titolare della ditta Smi, subappaltatrice della Cmt; Angelo Lalinga, responsabile produzione, distribuzione e trattamento acque, soffiaggio vapore, aria e gas dell'Ilva; e Mario Abbattista, capo reparto di energia e vapore dell'acciaieria.
Secondo l'accusa, la ditta Cmt avrebbe predisposto un piano per la sicurezza generico «senza che a monte ci fosse una valutazione dei rischi effettivamente connessi all'attività lavorativa e alla specifica definizione delle modalità operative più idonee''. Inoltre, nel piano in questione "non vi è traccia dello stretto coinvolgimento dei lavoratori in un efficace processo conoscitivo dei rischi ai quali andavano esposti».
Diossina, la ricerca si allarga
Dopo il latte, i formaggi, le carni, l’acqua di falda dei pozzi, il suolo, le olive e l’olio d’oliva, ora è la volta dei mitili, del pesce locale e dei vegetali. Ultime fasi della campagna di monitoraggio di diossina e pcb (policlorobifenili) dopo l’allarme lanciato dagli ambientalisti relativo alla presenza di diossina in un campione di formaggio fresco acquistato da un contadino. Campioni di pesce locale pescato nel golfo di Taranto e di mitili dagli allevamenti di mar Piccolo e di mar Grande sono stati prelevati un paio di giorni fa ed inviati al laboratorio del consorzio interuniversitario Inca di Lecce.
Qualche giorno prima erano stati prelevati dalle campagne confinanti con la zona industriale anche campioni di matrici alimentari, in particolare bietole, fave e arance. Produzione agricola, quindi, sotto controllo da parte dell’Asl jonica, così come deciso al tavolo tecnico regionale. Si prolunga, intanto, l'attesa per l’esito degli esami su campioni di carni, tessuti ed organi prelevati oltre un paio di settimane fa su circa una quarantina di capre e pecore delle greggi di proprietà delle aziende zootecniche anch’esse confinanti con la zona industriale tarantina e che è stato necessario abbattere per procedere alle analisi. I risultati di queste ultime sono attesi dall’Istituto zooprofilattico di Teramo dove i campioni sono stati inviati e dove contemporaneamente confluiscono campioni alimentari anche dalla Campania, altra zona sotto monitoraggio.
C'è attesa per le analisi sugli animali perché nel frattempo le aziende proprietarie sono sotto fermo sanitario. Si tratta di aziende da cui sono stati inizialmente prelevati campioni di latte e formaggio (non destinati alla commercializzazione) e che hanno dato esito positivo, per la diossina o per i Pcb, o per entrambe le sostanze. Negativo, invece, il risultato sul secondo campione di acqua prelevato dallo stesso pozzo da cui un primo campione aveva dato esitopositivo alla diossina e stranamente non anche ai pcb, come sarebbe stato da attendersi. La contemporanea assenza di qualsiasi sostanza nell’acqua di altri tre pozzi nelle immediate vicinanze aveva destato sospetti ed il dubbio che potessero esserci state infiltrazioni di acqua piovana, caduta copiosamente nelle giornate precedenti al prelievo.
Il pozzo interessato all’indagine - la cui acqua veniva utilizzata per fini irrigui e domestici - era stato dissequestrato già nei giorni scorsi dopo le seconde analisi di smentita. Quanto, invece, alle carni, si ricorderà che ci sono stati in precedenza, praticamente quasi all’avvio della campagna di monitoraggio, solo alcuni prelievi effettuati su una pecora deceduta nell’ambito del gregge di un’azienda sotto osservazione. Anche in questo caso, l’esito delle analisi era stato positivo.
In una fase intermedia del monitoraggio, sono finite sotto osservazione anche le olive coltivate nella zona, e rintracciata l’azienda presso cui questa produzione era stata destinata, anche l’olio prodotto. In questo caso, fortunatamente, non è stata accertata la presenza di sostanze nocive. Ora sotto osservazioni sono finite cozze, pesce, arance e vegetali come bietole e fave.
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