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Tempi di Fraternità - Recensioni per scrivere di Pace

Laura Tussi6 dicembre 2015

Tempi di Fraternità

Tempi di Fraternità - Recensioni per scrivere di Pace

La "Rivoluzione interiore" di Tiziano Terzani

 

La "rivoluzione interiore"

Terzani. Verso la rivoluzione della coscienza

Libro a cura di Gloria Germani

Recensione di Laura Tussi

I precursori delle decrescita, collana diretta da Serge Latouche

Edizioni Jaca Book, Milano 2014

 

Il contributo di Tiziano Terzani alla corrente culturale degli obbiettori della crescita e degli intellettuali, che credono in una vera società alternativa, proviene da un gruppo di pensatori che ha vissuto a lungo nel cosiddetto “terzo mondo”, ponendo in discussione l'idea stessa di progresso e sviluppo, tra cui Ivan Illich e Serge Latouche.

Terzani ha origini operaie, comuniste e anticlericali: il padre ha combattuto tra i partigiani della Resistenza. La sua vita si dipana tra Oriente e Occidente, in qualità di giornalista professionista, rendendosi presto conto delle ragioni dei popoli asiatici colonizzati. Dalle umili origini, Terzani eredita un forte bisogno di giustizia, la volontà di creare il senso della vita, la ricerca di un modo di vivere collettivamente più giusto e autentico, come argomenta abilmente la curatrice del libro Gloria Germani. Terzani studia la storia delle civiltà asiatiche così distanti e diverse dal mondo occidentale, prendendo coscienza del fallimento dell'esperimento comunista in Vietnam, degli orribili esiti della rivoluzione cambogiana di Pol Pot, del fallimento del comunismo maoista in Cina, del disastro esistenziale del moderno liberismo in Giappone e del crollo del comunismo in Russia. Terzani avvertiva tutta la disperazione per aver appreso come i tentativi verso la modernità, dal comunismo cinese al liberismo economico giapponese, portassero ad esiti aberranti per la vita umana, dalla capacità affettiva e relazionale al rapporto con la natura e l'ecosistema, intuendo che le rivoluzioni comuniste, ma anche e soprattutto il capitalismo, hanno un tratto fondamentale in comune con la mentalità scientifica tipicamente occidentale. La sua opera è un continuo sdegno di fronte alla modernità di stampo occidentale, all'industrializzazione, all'ossessione per il denaro che distrugge interi paesi, con la colonizzazione dell'immaginario, in quanto l'Occidente ha distrutto interi popoli, prima con le chiese e i crocifissi e ora con la televisione, ancora più che con le armi nucleari, agli albori della globalizzazione, tramite la colonizzazione della mente. La visione occidentale e meccanicistica della scienza cartesiano-newtoniana ha plasmato la vita moderna, generando la specializzazione e la frammentazione, tipiche del nostro tempo, che ci impediscono di comprendere gli effetti delle nostre azioni e spesso anche il senso dell'esistenza. Le civiltà orientali si sono sempre poste il grande obiettivo di disincentivare e scoraggiare l'insorgere continuo dell’Ego, la presunzione della persona, la superbia dell'individuo per raggiungere la pace e la vera felicità, nel distacco dal piccolo Io che illusoriamente l'Occidente crede autonomo, per fare invece emergere un Sè più grande. Per l'uomo moderno occidentale, l'unica conoscenza valida è quella dell'utile, al fine di manipolare, possedere, cambiare, dominare il mondo con il sistema di pensiero su cui si fonda la modernità, nel segno della grande unificazione del sapere, al contrario delle scoperte più all'avanguardia nel campo della conoscenza, dai sistemi complessi alla scienza della complessità, che le antiche sapienze asiatiche conoscevano, come il Tao, l'interconnessione, il nodo infinito, non la dualità cartesiana mente/corpo, ma il Tutto è Uno. Attualmente l'unico obiettivo di tutti i governi è la crescita economica, il valore essenziale è il denaro e la religione prioritaria è l'economia, dove si valuta esclusivamente il profitto nel potente circuito della dittatura finanziaria, nella finanziarizzazione, per cui oggi la nuova lotta di classe dovrebbe essere contro l'oligopolio e l'oligarchia dei mercati dell'alta finanza. Il filosofo del ‘600 Thomas Hobbes stabilì che la prima forza che guida l'agire è l'interesse personale ed egoistico, la competizione sfrenata tra individui scatenati nell'affermare la propria autodeterminazione. Così Terzani, il grande corrispondente estero, ha avuto il coraggio di denunciare il fatto che il materialismo sfrenato ha marginalizzato il ruolo dell'etica nella vita quotidiana, a vantaggio di disvalori come il denaro, il successo, il tornaconto personale, di cui tutti siamo succubi e vittime. Per questo sosteneva che è necessaria una “rivoluzione interiore”, in quanto le cause della guerra tra civiltà sono dentro di noi, nelle passioni come il desiderio, la paura, l’insicurezza, l'ingordigia, la vanità e che la sofferenza risiede proprio nell’avidità, nell'attaccamento morboso, nel cercare la felicità fuori di sé. Terzani auspicava una silenziosa “rivoluzione interiore”, fondata su una percezione diversa dell’Ego, una “rivoluzione della decrescita”, per un futuro in cui l'idea di socialismo sopravviverà a questo periodo egoista e capitalista, con l'alto ideale di una società in cui nessuno sfrutta il lavoro dell'altro e ognuno fa il dovuto e non accumula l'eccesso, secondo un concetto di frugalità tipico delle tradizioni di saggezza, ristabilendo così l'armonia con la morte e la natura, comprendendo in tal modo che fenomeni apparentemente scollegati, come la gravissima crisi ecologica, economica, finanziaria, etica, esistenziale e l'incremento delle guerre sono intimamente connessi al tipo di conoscenza dualistica, che annienta le diversità e le complessità, e all'egocentrismo occidentale che si alimenta di idolatria invece di raggiungere l'essenziale, il Tutto, l'Uno.

Note:

Su A-Rivista Anarchica, Maggio 2015 n. 398: 
www.arivista.org

su PRESSENZA - International Press Agency: 
http://www.pressenza.com/it/2015/05/la-rivoluzione-interiore-di-tiziano-terzani/

Centro Studi Sereno Regis di Torino: 
http://serenoregis.org/2015/05/20/tiziano-terzani-verso-la-rivoluzione-della-coscienza-recensione-di-laura-tussi/

Massimo Recchioni - Francesco Moranino, il Comandante “Gemisto”. Un processo alla Resistenza - Edizioni DeriveApprodi, Roma 2013

Prefazione di Pietro Ingrao, Alessandra Kersevan, Lidia Menapace

4 febbraio 2015 - Laura Tussi

Libro di Massimo Recchioni

Francesco Moranino, il Comandante “Gemisto”.

Un processo alla Resistenza

 

Libro di Massimo Recchioni

Prefazione di

Pietro Ingrao, Alessandra Kersevan, Lidia Menapace

Recensione di

Laura Tussi, PeaceLink e Fabrizio Cracolici, Presidente ANPI Sezione di Nova Milanese

Edizioni DeriveApprodi 

Il saggio storico di Massimo Recchioni è un testo complesso nella sua struttura storiografica e al contempo narrativa, molto articolata e ben dettagliata, pur mantenendo un'agilità descrittiva degli eventi: un raro esempio di impegno culturale e civile attuale e militante e di denuncia di alcune pagine della storia italiana che per anni sono state tenute nascoste. Oggi è necessario trattare e ricostruire queste storie per sottrarle al negazionismo, al revisionismo, ma soprattutto, in questo caso, al “rovescismo” - neologismo coniato dallo stesso Autore -che negli anni le ha mistificate e fatte diventare un cavallo di battaglia per i gruppi dell’estrema destra che vogliono condurre all'equiparazione tra la Resistenza Partigiana e coloro che, in nome del nazifascismo, seminarono violenza e terrore, la “vergogna del mondo”. Nella prefazione al libro, importanti sono le prese di posizione di Alessandra Kersevan, Pietro Ingrao e Lidia Menapace che offrono un contributo culturale autorevole e di grande prestigio all'intera trattazione storiografica. Recchioni esordisce, nel contesto dell'opera, con una concreta e dura premessa relativa agli eventi attuali nel nostro Paese, tra cui la riemergenza delle ideologie della razza e dell'eroe, l'insorgere delle nuove destre che fomentano l'odio razziale e istigano all'intolleranza per il diverso e all'omofobia, la ricomparsa di umori xenofobi che portano la nostra contemporaneità indietro nel tempo, agli anni nefasti del fascismo, quello del manifesto della razza, delle guerre coloniali e di tutti i crimini commessi in collaborazione con l'alleato nazista.

In realtà, secondo l’Autore, tra allora e oggi sussiste “discendenza diretta”; non ci fu, dopo la Liberazione, quel vero segno di cambiamento e di discontinuità che avrebbe cambiato il nostro Paese. Mancò innanzitutto l’epurazione, per una serie di motivi che nel libro vengono affrontati. Soprattutto coloro che erano i perseguitati sotto il fascismo continuarono a esserlo nel regime “democratico” repubblicano: erano loro, gli stessi, comunisti e socialisti, che, dopo aver fatto confino e galera nel ventennio, avrebbero voluto un cambiamento radicale e continuavano a lottare per esso. Invece, il regime democristiano, nell’ottica della “guerra fredda”, pensò bene di dare degli esempi giudiziari forti, come nel caso di Moranino, ma i casi sono assai numerosi.

L'opera si articola in diverse fasi, alternando scritti estrapolati dal diario di Francesco Moranino, lettere scritte dal carcere, testimonianze di compagne e compagni Partigiani. Per il Comandante Partigiano “Gemisto”, Francesco Moranino, la fine della guerra rappresenta un momento di grande impegno politico. Moranino fece parte dell'Assemblea Costituente e ricoprì il ruolo di Sottosegretario di Stato alla difesa; fu nominato prima onorevole e poi senatore della Repubblica. Ma, nel 1953, durante il governo Pella, Moranino fu incriminato per fatti avvenuti durante la Resistenza. L’A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia), a proposito della condanna, dichiarò: “Era così evidente l'intento persecutorio contro il Comandante Partigiano, che, nel 1958, il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi decretò la commutazione della pena in dieci anni di reclusione”. Moranino in seguito a queste decisioni fu costretto alla fuga in Cecoslovacchia e solo dopo alcuni anni giunse la grazia del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, di cui però egli decise di non beneficiare, continuando la sua permanenza a Praga, fino al 4 giugno 1966, quando vennero riconosciuti i fatti di Portula, un episodio da inquadrarsi nella Guerra di Liberazione del nostro Paese e non da condannare; rieletto al senato, Moranino moriva nel 1971. Nel frattempo, tutti i criminali nazifascisti vennero rilasciati e chi, invece, come Moranino, rischiando la vita e subendo le privazioni della guerra, riconsegnò dignità e democrazia al nostro Paese, tramite la lotta partigiana, dovette patire ingiustizie e affrontare il carcere in un periodo storico e con governi, che così agendo, non attuarono il portato valoriale della nostra Costituzione Repubblicana, nata dalla Resistenza Partigiana. Il sottotitolo del libro “Un processo alla Resistenza” annuncia subito la tendenza storiografica e politica dell'Autore, con cui raggiunge una “certezza morale” attribuibile a questo evento storico, la Resistenza appunto, andando oltre le glorificazioni acritiche e le condanne ideologiche per avviare la ricerca di un'immagine vera, spessa, complessa, ma soprattutto contestualizzata e non giudicata secondo categorie pregiudiziali e inutili, in quanto l'evento resistenziale nel nostro Paese ebbe delle responsabilità etiche e non può essere giudicato alla stregua dei criteri che si usano per le guerre. “La guerriglia ha altre motivazioni, situazioni, norme e legittimazioni” come sostiene la Partigiana e pacifista Lidia Menapace nella prefazione al libro. La Resistenza italiana ha caratteri peculiari che non si possono paragonare a quelli di nessun'altra resistenza antifascista e antinazista, perché i resistenti italiani si trovarono a dover fronteggiare un nuovo stato insediato dai nazifascisti sul suolo del Paese occupato: la Repubblica di Salò.

 

Note:

su PRESSENZA - International Press Agency: 
http://www.pressenza.com/it/2015/02/il-comandante-gemisto-un-processo-alla-resistenza/

su ILDialogo.org: 
http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/cultura/Recensioni_1423068693.htm

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